Ricerca sociale e IA

by Tommaso Rossi on 29 Giugno 2017

Marco Scarselli, Data Scientist e imprenditore, non ha dubbi:

“10 anni fa quando, con i miei colleghi dell’università, abbiamo fondato la società di ricerca reteSviluppo era nei presupposti di dare grandissima importanza alla tecnologia: migliora la capacità di analizzare la realtà economico – sociale e ci ha permesso dare risposte veloci e complete ai nostri clienti.”

Fra i progetti sviluppati da reteSviluppo possiamo annoverare Odinet , motore di ricerca semantico di dataset: data una parola chiave, l’intelligenza artificiale insita nel programma  individua tutti i dataset (nel web o nel proprio archivio) relativi a quel tema / argomento / territorio, li rende omogenei, e ne fornisce una rappresentazione grafica.

 

“Lo strumento permette al decisore pubblico di individuare e dare una prima lettura dei dati in autonomia, permettendo ai centri studi regionali di concentrarsi sulla fase di approfondimento dei fenomeni.” Un altro progetto che fa largo utilizzo delle tecnologie “AI” è Tourinet: il sistema informativo, raccoglie informazioni dal web e dai social network turistici generando un piano di conoscenza in tempo reale sulle caratteristiche dell’offerta turistica. “Classificare tutte le informazioni presenti sul web sul tema turismo e renderle confrontabili e aggregabili è un qualcosa che solo l’intelligenza artificiale può fare in modo tempestivo: rispetto alle statistiche tradizionali il nostro cliente si trova un livello mai così dettagliato sui punti di forza e debolezza del territorio e la loro evoluzione nel tempo.”

Entrambi i progetti di ricerca e sviluppo sono stati realizzati grazie al cofinanziamento di fondi europei:

“la partecipazione al programma CReO FESR di Regione Toscana ci ha permesso di entrare in rete con importanti soggetti della ricerca nazionale, come ad esempio IFC CNR,  e di stabilire relazioni solide con soggetti di mercato che operano ad alto livello nel campo della Business Intelligence come ad esempio Sistemi Territoriali (parnter SAS). Il veloce scambio di idee fra privato e università generato da questi co-finanziamenti è un volano che permette di trasferire velocemente tecnologie, anche legate alla IA, dalla teoria alla vita di tutti i giorni”

“Nel nostro piccolo l’intelligenza artificiale ha avuto un impatto positivo anche a livello organizzativo interno: ha permesso di valorizzare il lavoro dell’uomo su attività a maggiore valore aggiunto lasciando alla IA le operazioni più ripetitive. Il tempo risparmiato è stato investito nello studio e nello sviluppo di prodotti ancora più innovativi e che potessero avere un impatto ancora maggiore sulla società. È in questo modo che abbiamo creato Kinoa”.

Kinoa è una  realtà spin-off di reteSviluppo impegnata specificamente nella realizzazione di prodotti innovativi per il bene pubblico attraverso l’integrazione di Big Data, tecnologie di Internet of Things e IA. Progetto di punta della start-up è Kimap: un’applicazione smartphone che permette di mappare in modo automatico l’accessibilità del territorio e contemporaneamente offrire funzione di navigazione ai portatori di disabilità motoria.

 

“In molti contesti urbani ed extraurbani, in strade, sentieri, nei luoghi di interesse, la presenza di barriere architettoniche – più o meno impattanti – rende estremamente complessa la mobilità di cittadini che utilizzano la sedia a rotelle anche per spostamenti a piccolo raggio. Negli ultimi anni l’innovazione tecnologica ha permesso di realizzare ausili/carrozzine in grado di aumentare enormemente la mobilità dei disabili. Essi ora sono in grado di spostarsi su lunghe distanze, con un’autonomia impensabile soltanto pochi anni fa, facendo crescere in maniera proporzionale le loro possibilità di lavoro e di svago. In questo contesto, ancora più di prima, l’accessibilità dei territori è il fattore chiave per l’autonomia dei disabili.”

“Quello che mancava prima di Kimap era uno strumento in grado di individuare i percorsi accessibili e confortevoli per il viaggiatore in carrozzina. La nostra comunità di Kimappers – cittadini in sedia a rotelle che utilizzano l’applicazione – ha già iniziato a mappare, alcune importanti città turistiche italiane fra cui Firenze, Roma e Bologna”.

Premiato anche alla Tuscan Big Data Challenge, competizione indetta dal SoBigData – laboratorio di ricerca promosso da Cnr, Scuola Normale di Pisa e IMt di Lucca, il progetto Kimap continua a crescere e mappare nuovi luoghi.

“Grazie all’entusiasmo di persone come Lapo Cecconi (Co Founder di Kinoa e presidente di ReteSviluppo) e Armando Dei (Socio di Kinoa e primo Kimappers) che è possibile diffondere e trasformare la tecnologia, di per sé neutra, ottenendo un impatto veramente positivo per tutti i cittadini”

articolo di Sara Aquilani @ Media Duemila – Rumors of the future

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beFood, stili di vita a confronto

by Tommaso Rossi on 28 Giugno 2017

Ricette sperimentali per un futuro healthy degli adolescenti. Oltre 5000 ragazzi toscani coinvolti in un innovativo progetto di ricerca sociale legato allo stile di vita ed alle abitudini alimentari.

Obesità, alimentazione disordinata e disturbi dell’alimentazione sono tra i più grandi problemi di salute degli adolescenti, per l’alta prevalenza e le conseguenze fisiche e psicosociali potenzialmente molto gravi. Ad oggi, la prevenzione dell’obesità e dei DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) così come la promozione di stili di vita sani passa frequentemente attraverso le scuole e la voce dei docenti.

La Regione Toscana ha messo in campo nuove strategie di azioni, che prevedono l’utilizzo di nuove tecnologie per facilitare la comunicazione, la centralità del giovane quale protagonista del suo percorso di “auto-educazione” e l’introduzione di processi peer-to-peer; in questa prospettiva si pone il progetto beFood.

beFood è stato definito con la collaborazione della Regione Toscana, sviluppato da reteSviluppo assieme al Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna, ha testato un metodo basato sull’interazione tra pari, con l’obiettivo di investigare in primis come diversi fattori, tra i quali il coinvolgimento diretto dei giovani destinatari delle politiche di promozione della salute, il loro network di riferimento e le modalità di relazione e comunicazione, il tutto legato a stili di vita sani e comportamenti che, nel tempo, possono essere dannosi alla salute.

Il progetto ha coinvolto 49 studenti di licei toscani, impegnati in un percorso Alternanza scuola-lavoro fornendo agli studenti una vera esperienza “professionale”, in cui è stata combinata formazione sul campo alla ricerca sociale con una responsabilità specifica sui risultati da conseguire, costruita sulla base del loro contesto stesso di appartenenza, cioè la rete dei loro coetanei.

I ragazzi coinvolti hanno raggiunto più di 5000 persone, di cui più di 4700 loro coetanei 16-17enni, dimostrando che, con strumenti e metodi adeguati, condividendo obiettivi, con responsabilità e fiducia, sono in grado di portare a termine con successo lavori complessi e raggiungere l’obiettivo.

Cuore dell’innovazione del progetto be Food è l’uso di canali di comunicazione e delle tecnologie familiari ai nativi digitali, cui il progetto è destinato. L’indagine è stata quindi realizzata sviluppando una webAPP dedicata che può essere utilizzata su di uno smartphone connesso ad internet senza necessità di installazione.

Caratteristiche peculiari della webAPP sono: la possibilità di rispondere al questionario tramite qualsiasi dispositivo connesso al web; un processo di registrazione e autenticazione che mantiene comunque il risultato del questionario del tutto anonimo; la valutazione in tempo reale a fine questionario della propria situazione, tramite un profilo e dei suggerimenti per migliorare il proprio stato di salute e la propria attività fisica; la presenza di un cruscotto di statistiche in tempo reale per valutare l’andamento dell’attività dei ragazzi delle varie provincie; un backend approfondito per sviluppatori e ricercatori necessario per monitorare risultati aggregati in tempo reale, statistiche di somministrazione, progressione del questionario e raggiungimento del campione.

I canali di somministrazione scelti, il web ed i social network, hanno tenuto conto non solo delle caratteristiche della popolazione target (popolazione giovane, grandi utilizzatori di tecnologie e di canali di comunicazione via internet), ma anche della necessità di raggiungere in modo capillare tutti i territori delle 10 province toscane. 

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A scuola di innovazione da Beethoven alla stampante 3D

by Tommaso Rossi on 16 Marzo 2017

Un laboratorio di giovanissimi studenti alla ricerca di soluzioni creative a problemi e bisogni

I bambini della IV elementare della Giotto di Firenze vanno a scuola di innovazione: lo stimolo fornito da Tommaso Rossi, musicista e sviluppatore autodidatta classe ’94, è quello di avviare alla creatività al servizio dell’innovazione, per immaginare nuove soluzioni grazie alla combinazione di tecnologie già esistenti con nuovi strumenti. Il primo maestro di innovazione è proprio un musicista, Ludwig van Beethoven: dopo l’ascolto della IX Sinfonia, emblema della musica e inno europeo, i bambini hanno scoperto che quando Beethoven ha composto questa musica era completamente sordo da cinque anni.

Dalla necessità di continuare a comporre e ascoltare musica, Beethoven si è ingegnato creando un meccanismo che gli permetteva di sentire suoni e vibrazioni tramite un bastoncino che metteva tra i denti e appoggiava al pianoforte. I giovani studenti hanno potuto ascoltare la musica dalla bocca, con lo stesso meccanismo: applicando ad una penna un magnete che vibra, è possibile ascoltare la musica attraverso le ossa.

Questo principio, la conduzione ossea, è stato poi applicato dagli anni ’70 negli apparecchi acustici che integravano le scoperte nel campo dell’elettronica.

Dai bisogni all’innovazione, quindi, passando per tecnologie esistenti ricombinate in modo creativo con nuove scoperte. I bambini sono stati stimolati a pensare proprio in questi termini: “Abbiamo bisogno di creare piccoli oggetti in 3D” – li ha imbeccati Tommaso Rossi – “Ma le nostre stampanti di casa stampano solo in due dimensioni: come potremmo fare?”  La risposta dei bambini, intuitiva ed immediata, è stata quella di utilizzare inchiostri più spessi, come colla a caldo o bianchetto, creando degli strati.

La stampante 3D si basa proprio su questo principio: si stampa uno strato sopra l’altro fino a creare uno spessore. I giovani innovatori hanno contemporaneamente potuto lanciare la stampa di un gadget con la stampante 3D seguendo il processo di stampa, e provare a costruire un oggetto in 3D con degli strati di cartone sovrapposti a formare con strati l’oggetto.

Modalità di apprendimento come questa, in un ambiente giocoso e informale in cui i bambini sono abituati a scoprire autonomamente l’innovazione avendo l’opportunità di riflettere e lavorare osservando le nuove tecnologie, si rivelano di grande importanza per l’acquisizione di competenze digitali. La classe si è dimostrata entusiasta dell’attività, in un clima di apprendimento divertente che ha permesso a tutti di esplorare e reinventare le tecnologie: insomma, giovani innovatori crescono!

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Tommaso RossiA scuola di innovazione da Beethoven alla stampante 3D

Realtà virtuale e dati, così si rinnova il giornalismo

by Tommaso Rossi on 16 Marzo 2017

Il Creative Technologist Mark Boas: portare nuove forme di empatia per entrare dentro le notizie

“Immaginate l’empatia di camminare con un visore di realtà virtuale nella città di Aleppo prima della guerra, e con un solo tocco essere proiettati nello stesso posto adesso, distrutto” – inizia così il racconto di Mark Boas, sviluppatore specializzato in media e web, con una collaborazione con Al Jazeera.

Mark Boas con il gruppo di lavoro di giovani fiorentini

Davanti a lui una platea di giovani, studenti universitari e sviluppatori, riuniti per l’occasione nella sede fiorentina di reteSviluppo. Si avvia così un percorso formativo finalizzato allo sviluppo di un gruppo di lavoro che utilizzi in modo continuo e professionale i dati, rendendoli fruibili attraverso la data visualization.

In un contesto in cui i lettori hanno a disposizione una quantità enorme di informazione – il 43,7% degli utenti non cerca le notizie, ma è raggiunto da esse durante la navigazione su Facebook – l’empatia e la capacità di restituire al lettore un buon grado di approfondimento sono infatti di enorme importanza. La raccolta e visualizzazione dei dati consente di fruire più pienamente della notizia, contrastando la tendenza allo scarso approfondimento e alla poca attenzione nei confronti della notizia. Trovare modi per restituire il giusto peso ai fatti che accadono è infatti una delle principali sfide di un giornalismo in crisi, che per attirare utenti è sempre più proteso a pubblicare notizie di scarsa rilevanza, con un crescente spazio per il gossip e per gli amici a quattro zampe.

Il data journalism e la facilità di visualizzazione e approfondimento dei dati possono rivelarsi poi una potente arma contro le fake news che ammorbano i fruitori di notizie online. La sfida del gruppo di lavoro dei giovani fiorentini è quella di dare una nuova empatia, dando all’utente la possibilità di entrare dentro la notizia, non solo visualizzando i fatti rilevanti in un modo intuitivo e che resta impresso nella memoria, ma potendoci interagire.

Florence Nightingale, 1858 – Diagramma delle cause di mortalità dell’esercito britannico ad Est (le aree indicano il numero di morti, i colori le cause di morte: in blu malattie prevenibili, in rosso ferite di guerra, in nero altre cause)

La grande quantità disponibile di Open data e le analisi sempre più affinate dei Big data, combinate con modalità di visualizzazione e fruizione dei dati accessibili a tutti, possono restituire una fotografia della realtà interessante, ed aprire spazi di discussione scovando notizie attraverso l’analisi dei dati. La possibilità di geolocalizzare i dati dà forza poi alla dimensione spaziale dell’informazione, collocandola nei luoghi in cui è generata e ai quali è riferita.

La frontiera dell’empatia dell’utente è lo sviluppo di modalità di visualizzazione dei dati con la realtà virtuale e l’utilizzo dei visori, come ricordava l’esempio di Boas sulla guerra in Siria e la necessità di riportare il tema al centro dell’attenzione. Il gruppo di giovani fiorentini si occuperà di utilizzare e sviluppare strumenti per analizzare i dati e visualizzarli in modo coinvolgente, facile da approfondire e attraente, a partire dall’analisi del contesto locale e delle tante notizie nascoste nel nostro vivere quotidianamente il territorio.

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Tommaso RossiRealtà virtuale e dati, così si rinnova il giornalismo

KIMAP – Barriere architettoniche, l’App per mapparle e schivarle diventa realtà

by Tommaso Rossi on 14 Marzo 2017

 Si chiama Kimap e contribuirà a migliorare la mobilità dei disabili attraverso il loro smartphone. Ecco come funziona.

Schivare ogni tipo di barriera architettonica e arrivare dritti a destinazione. Ma soprattutto farlo nel minor tempo possibile, evitando trappole e ostacoli che costituiscono l’odissea quotidiana di un disabile su due. È l’obiettivo di Kimap, un vero e proprio ecosistema tecnologico composto da un’applicazione per smartphone, un dispositivo IoT e una community di utenti che condividono esperienze e difficoltà. Il progetto è ideato da Kinoa, start-up fiorentina che ha nella sua mission integrazione tra Big Data e tecnologie di Internet of Things.

L’APPLICAZIONE è elemento portante dell’ecosistema digitale Kimap. Si configura come un vero e proprio navigatore dove l’utente, in modo semplice e intuitivo, può impostare come parametro per la selezione del percorso il livello di qualità del terreno desiderato, così da evitare percorsi sconnessi o gradini troppo alti. Contemporaneamente l’app è in grado di ottenere tutte le informazioni necessarie a classificare in modo puntuale il territorio urbano ed extraurbano dal punto di vista dell’accessibilità. Grazie a sistemi di geolocalizzazione evoluti mantiene sempre aggiornato il database rilevando in tempo reale eventuali cambiamenti nella viabilità di marciapiedi e strade.

IL DISPOSITIVO IOT – Dietro il progetto di Kimap c’è la costruzione di un prototipo IoT (Internet of Things) che, se installato su una carrozzina, aumenta ulteriormente il livello di precisione della mappatura. Al suo interno, infatti, incorpora un innovativo chip di geolocalizzazione capace di ricevere e rielaborare dati sulla posizione da tutte le costellazioni di satelliti disponibili. Il dispositivo si nutre inoltre degli algoritmi che il team di ricerca della start up sta sviluppando insieme al laboratorio di ricerca SoBigData presso il CNR di Pisa.

LA COMMUNITY – Punto chiave dell’ecosistema sono i Kimappers: gli utenti che usando l’applicazione contribuiranno, in maniera del tutto automatica, ad aggiornare le mappe. Un piccolo esercito del quale chiunque può far parte – anche grazie al contributo delle numerose associazioni he si occupano di disabilità sul territorio – promuovendo o partecipando ad eventi di mappatura partecipata. Cittadini disabili, amministrazioni locali, famiglie e scuole potranno in questo contribuire a mappare in modo estremamente puntuale le barriere presenti in una particolare zona di un comune o condividere tragitti piacevoli, belli e facili da percorrere.

I PROSSIMI PASSI – Il progetto Kimap è vicino ad una piena operatività. Il primo marzo, infatti, è stata rilasciata la versione alpha dell’app e il team di ricerca sta già raccogliendo i primi dati sull’accessibilità a partire da alcune zone di Firenze. Il prossimo passo è quello di sviluppare ulteriormente l’applicazione estendendo la sperimentazione ad una scala territoriale più ampia, valorizzando le collaborazioni già in essere con le molte realtà associative che si occupano di diversabilità in Toscana e in Italia.

Dettagli ed informazioni: www.kimap.itinfo@kimap.it

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Tommaso RossiKIMAP – Barriere architettoniche, l’App per mapparle e schivarle diventa realtà

Il valore della cultura

by Tommaso Rossi on 28 Febbraio 2017

In Italia sembra esistere la consapevolezza dell’importanza della cultura per l’economia nazionale.

Questo settore però non viene considerato come prioritario, non c’è impegno nella valorizzazione delle sue potenzialità e si resta ancorati all’idea di una cultura appartenente alla sfera del tempo libero, un bene di consumo occasionale e, soprattutto, fuori dal mercato.

In realtà, secondo il Rapporto 2016 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, il sistema produttivo creativo e culturale italiano rappresenta nel 2015 il 6,1% della ricchezza complessiva del paese, pari a 89.725,2 milioni di euro. Anche a livello occupazionale il settore registra, sul totale della forza lavoro nel 2015, una quota di 6,1%, contando 1, 4919 milioni di occupati.

Se comparato all’economia complessiva del paese, che presenta valori di -0.1% per quanto riguarda il valore aggiunto e -1.5% sull’occupazione, il settore culturale e creativo risulta in crescita. Rispetto al 2011, infatti, è stato rilevato un incremento di 3600 di occupati (+0.2%) e di 538 milioni di euro sul valore aggiunto (+0.6%).

Un dato sull’occupazione di notevole interesse appare nel primo studio sull’Industria della Cultura e della Creatività in Italia pubblicato nel 2016 da EY (Ernst & Young) “Italia Creativa”. E’ emerso infatti che l’industria culturale e creativa si colloca in Italia al terzo posto in termini di numero di occupati sull’economia nazionale, preceduta soltanto dal settore delle costruzioni e da quello dell’industria alberghiera e ristorativa. Inoltre nel 2014, ulteriore elemento in controtendenza, ben il 41% degli occupati nell’Industria della Cultura e della Creatività ha un’età compresa tra i 15 e i 39 anni (a fronte di un valore medio nazionale pari a 37%).

Un pensiero comune è quello secondo il quale l’unico veicolo tramite il quale la cultura possa produrre ricchezza sia il turismo. Questo può portare a concentrare le risorse disponibili esclusivamente intorno a strategie di potenziamento della fruizione di monumenti storici e musei, nonché di attrazione di flussi turistici, rischiando di dar luogo ad  economie a basso grado di qualificazione con risultati solo nel breve periodo. Il turismo, pur essendo il principale beneficiario dello spillover culturale, non rientra in realtà nella classificazione dei settori appartenenti al sistema produttivo culturale e creativo, pertanto non ne viene tenuto conto nelle stime sopra descritte. Viene tuttavia considerato come un settore complementare a quello della cultura, che attiva il 37,5% della spesa turistica complessiva in Italia (Symbola, Unioncamere 2016).

Quando si parla di cultura, soprattutto in Italia, la si identifica inoltre spesso con il solo patrimonio storico-artistico. Quello che invece è importante sottolineare è che il sistema produttivo culturale e creativo è molto più ampio e che uno dei suoi elementi caratterizzanti è proprio la creatività. Quello del patrimonio storico-artistico è solo uno dei suoi settori costituenti che, per altro, si posiziona ad una delle ultime postazioni in termini di valore aggiunto ed occupazione. Performing arts e arti visive, Industrie creative e Industrie culturali sono gli altri settori che vanno a formare il così detto core delle attività culturali. Ad essi si aggiunge quello del Creative Driven, che, da solo, rappresenta il 38,2 % del valore aggiunto e il 38,7% degli occupati del sistema produttivo culturale e creativo.

Alla luce di questi dati, non resta che prendere in prestito le parole di uno dei maggiori rappresentanti della cultura italiana, Umberto Eco: “Con la cultura si mangia, non si mangia con l’anoressia culturale”.

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Tommaso RossiIl valore della cultura

Mappatura partecipata: quando l’innovazione incontra il bene pubblico

by Tommaso Rossi on 22 Febbraio 2017

La mappatura partecipata: che cos’è e le sue caratteristiche

Negli ultimi 20 anni si è assistito ad un aumento significativo delle iniziative di mappatura partecipata, iniziative che consistono nella creazione di mappe basate sul coinvolgimento diretto delle comunità locali. Il comune denominatore di queste attività è il fatto che non siano intraprese da cartografi, ma da gruppi di persone legate da interessi e caratteristiche comuni, come la condivisione del territorio, di determinate caratteristiche fisiche o socio-culturali.

Le mappe che nascono da questi processi partecipativi possono fornire un ampio spettro di informazioni oppure concentrarsi su una sola variabile, ad esempio la distribuzione delle risorse naturali, dei servizi sanitari, dei centri ricreativi, museali ecc.

Quello che rende di grande valore questo processo è la multidisciplinarietà delle sue implicazioni. In primo luogo, la lettura di un territorio attraverso le informazioni fornite dai suoi abitanti può consentire di analizzarne sia gli aspetti socio-economici e socio-culturali, che la fruizione o la qualità dei luoghi. Il percorso partecipativo può, inoltre, rappresentare una best- civico-politica utile all’aumento della coesione di una comunità, al miglioramento del proprio territorio fino ad una responsabilizzazione nei confronti della cosa pubblica e ad un maggior engagement a livello decisionale.

Gli strumenti e le esperienze

Gli strumenti utilizzati per il coinvolgimento delle comunità vanno da modelli in scala e disegni, i cui dati possono essere digitalizzati e incorporati in un GIS (Geographic Information System), fino a informazioni ricavate da immagini satellitari, GPS e file multimediali.

Una delle esperienze di maggior successo a livello internazionale di mappatura partecipata, che fonde immagini aeree, dispositivi GPS e mappe sul campo low-tech, è quella di OpenStreetMap. Il progetto coinvolge una comunità di utenti che contribuiscono ad aggiornare manualmente dati su strade, sentieri, stazioni, ospedali, luoghi di ristoro e attività all’aria aperta in tutto il mondo. OpenStreetMap costituisce un’alternativa open source ad altre mappe disponibili sul web che, nonostante siano affidabili, spesso sono vincolate da restrizioni tecniche o legali.

Un’esperienza di successo che sfrutta un approccio multimediale e l’integrazione di dati spaziali e non, consentendo la geomappatura di video, foto e suoni, è quella realizzata a Napoli con il progetto MappiNA. Gli utenti hanno contribuito a disegnare il volto della città sotto il profilo culturale segnalando eventi, monumenti ma anche spazi abbandonati, fornendo così utili indicazioni per la riqualificazione urbana.

Mappatura in tempo reale per il bene pubblico: Kimap

Le possibilità offerte dalla tecnologia hanno avviato una vera e propria escalation nella realizzazione di mappature partecipate sempre più precise e aggiornate. È questo il caso di Google Traffic, che permette al singolo cittadino di visualizzare sul proprio smartphone le informazioni aggregate sul traffico della gran parte delle strade urbane del mondo. Google Traffic si basa sulle tracce GPS lasciate dai milioni di utenti di Google Maps che, tramite i loro smartphone, inviano dati sulla loro posizione, dando così agli algoritmi di Google una base dati sempre aggiornata su cui costruire i propri servizi di navigazione.

I cittadini tuttavia, sono spesso inconsapevoli di contribuire alla produzione di dati, sfruttati per soli scopi commerciali. Da qui l’esigenza di nuove realtà che permettano mappature partecipate in tempo reale e studiate per restituire alla comunità dati utili e liberi. È in questo contesto che si colloca il progetto Kimap, ideato dalla start-up innovativa fiorentina Kinoa s.r.l., che permette una mappatura partecipata in tempo reale delle barriere architettoniche, offrendo così un supporto alla navigazione.

L’obiettivo di Kimap è l’incremento dell’autonomia e della mobilità dei disabili su percorsi sia urbani che extra-urbani. La community protagonista della raccolta dati è costituita dai disabili stessi, che attraverso un dispositivo IoT integrato nei loro ausili realizza in modo automatico la mappatura. Gli utenti saranno poi guidati attraverso la navigazione da una app per smartphones sui percorsi compatibili con la loro tipologia di ausilio (es. carrozzina a spinta manuale vs a motore elettrico).

Kimap ha tutti le carte in regola per essere il nuovo strumento per fare mappatura partecipata; empowerment della community, creazione di open data in tempo reale finalizzati al miglioramento della vita dei cittadini e allo sviluppo del territorio.

 

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Tommaso RossiMappatura partecipata: quando l’innovazione incontra il bene pubblico

La startup fiorentina Kinoa tra i vincitori della Tuscan Big Data Challenge con il progetto Kimap: la tecnologia al servizio della disabilità

by Tommaso Rossi on 17 Gennaio 2017

L’innovativo progetto Kimap, presentato dalla start up fiorentina Kinoa, è stato selezionato tra i vincitori della Tuscan Big Data Challenge, iniziativa rivolta alle imprese toscane impegnate nell’esplorazione delle potenzialità dei Big Data e promossa da SoBigData. Quest’ultimo è un laboratorio formato da enti di ricerca quali il CNR di Pisa, l’Università di Pisa, la Scuola Normale Superiore e l’IMT Alti Studi Lucca e fa parte della più grande infrastruttura di ricerca sui Big Data in Europa.

L’obiettivo specifico di Kimap è facilitare e aumentare la mobilità e l’autonomia dei disabili. Per raggiungere tale risultato Kimap propone un sistema che si fonda su due parole chiave: mappatura partecipata delle barriere architettoniche e navigazione. La mappatura viene realizzata dagli utenti stessi attraverso un dispositivo incorporato nei loro ausili, mentre la navigazione è resa affidabile e di immediato utilizzo da un’applicazione per smartphones che guida gli utenti attraverso i percorsi mappati.

I beneficiari di Kimap sono in primo luogo i disabili potendo facilmente segnalare ostacoli, difficoltà e impedimenti nel percorrere una strada o un itinerario turistico; ma anche i produttori di ausili. Questa tecnologia permette loro di offrire un servizio aggiuntivo ai propri clienti, aumentando il contenuto di innovazione degli ausili ed accrescendone di fatto il valore. Non sono da escludere gli enti pubblici, che possono usare Kimap per adempiere agli obblighi di mappatura delle barriere architettoniche, in ottemperanza alla legislazione regionale e nazionale, o per lo sviluppo di percorsi turistici.

L’innovazione di Kimap non si limita al suo contenuto tecnologico ma si estende alla visione che vi sta dietro: lo sviluppo della tecnologia come riposta a necessità reali. L’analisi delle comunità locali, la rilevazione del problema di presenza di barriere e della mancanza di accessibilità sono stati i punti di partenza per l’ideazione di questo prodotto tecnologico. Kimap vuole dare risposta ad un’esigenza avvertita e segnalata da molti attori quali singoli cittadini, associazioni ed istituzioni.

 

COSA È KINOA

Kinoa srl è una giovanissima start up iscritta al registro nazionale delle Start up Innovative a marzo del 2016, nata come spin off di reteSviluppo dalla volontà imprenditoriale di Marco Scarselli (Co-founder) e Lapo Cecconi (Co-founder) con la partecipazione della stessa reteSviluppo (Firenze), di Iris Ricerche (Prato) e di Sistemi Territoriali (Pisa). Ha come mission la realizzazione di prodotti innovativi attraverso l’integrazione di Big Data e tecnologie di Internet of Things.

PER INFO SUL PROGETTO: Marco 347 060 465 – Lapo 347 706 1128kinoa.srl@gmail.com

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Tommaso RossiLa startup fiorentina Kinoa tra i vincitori della Tuscan Big Data Challenge con il progetto Kimap: la tecnologia al servizio della disabilità

Immigrazione in Toscana: tra bilanci e sfide future

by Tommaso Rossi on 10 Gennaio 2017

Abbiamo deciso di aprire il 2017 con una panoramica sull’anno passato e una riflessione relativa alle prospettive future sulla gestione del fenomeno migratorio, con un focus sulla Regione Toscana.

Il fenomeno migratorio

11.570 profughi richiedenti asilo, ospitati in 764 strutture di accoglienza convenzionate con le prefetture toscane e altri 679 accolti in 14 centri SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Questi i dati sull’immigrazione in Toscana dell’ottobre 2016.

I numeri parlano di un fenomeno che richiede in primo luogo tempestività di intervento e risorse, ma il vero e più oneroso impegno a lungo termine è la programmazione di attività di inclusione socio-economica, che vadano oltre la prima accoglienza. Quali sono stati i progetti in opera? Quali le opportunità per il Paese ospitante?

L’esperienza della Regione Toscana

La Regione Toscana ha dimostrato grande virtuosismo fronteggiando la sfida della prima accoglienza con l’attuazione del modello di “accoglienza diffusa”, inaugurato nel 2011. Tale modello prevede la distribuzione dei migranti su gran parte del territorio, secondo il modulo della “piccola dimensione” (gruppi di massimo 20 persone) per evitare che grandi concentrazioni di migranti portino a situazioni di criticità all’interno delle comunità locali.

Ma la Regione non si è fermata alla prima accoglienza ed ha partecipato a numerosi progetti finanziati mediante fondi europei, Fondi Solid, oggi tradotti in Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami) e Fondo sicurezza interni (Fsi). Vasta è ed è stata la gamma di obiettivi specifici dei progetti: dal miglioramento dei servizi per i richiedenti asilo, all’educazione sulle vie legali di migrazione nei Paesi di provenienza, all’insegnamento della lingua italiana, alla formazione e all’inserimento dei cittadini extracomunitari nel mondo del lavoro, fino allo scambio di buone pratiche tra Stati UE.

Oltre l’accoglienza: le sfide e gli obiettivi

migration-3La maggior parte di questi progetti mira dunque allo sviluppo della fase successiva all’accoglienza, ovvero l’integrazione. Un’ integrazione che passa dalla lingua e dal lavoro, come afferma Fleur Bakker, la fondatrice della Refugee Company, che si occupa di inserire i migranti nel mondo del lavoro. Al Omar, uno dei loro assistiti, ha dichiarato “lavorare ti fa sentire parte della società, inizi a sentirti più sicuro e a sperare che un giorno potrai essere indipendente”.

Se l’obiettivo specifico è l’inserimento lavorativo, l’obiettivo generale è l’inclusione sociale e con essa la sicurezza, non a caso gli strumenti finanziari relativi a immigrazione e sicurezza vanno a braccetto.

Per costruire una Regione e un Paese, sicuri è necessario “governare l’immigrazione” e non combatterla, concetto espresso dall’assessore all’immigrazione della Toscana Vittorio Bugli alla conferenza Mediterraneo Downtown, una maratona sui temi delle migrazioni e dell’accoglienza tenutasi a Prato il 12 novembre 2016, organizzata da COSPE onlus, Associazione Libera, Comune di Prato e Regione Toscana. Governare è fare informazione sui canali legali di immigrazione, ma governare può essere anche gestione e management dei flussi esistenti.

Le opportunità per il futuro

Per raggiungere governabilità e sicurezza sono necessarie professionalità specializzate. L’accoglienza diffusa è infatti un esempio di come la pianificazione di interventi richieda competenze specifiche che vanno oltre la logistica. Il successo del modello toscano è stato infatti reso possibile da un’attenta mediazione e ponderazione di interessi in fase progettuale e da una stretta collaborazione tra associazioni di volontariato, comuni e singoli cittadini in fase attuativa.

Nasce dunque l’esigenza di nuove figure professionali e una corrispondente offerta formativa, come il master biennale promosso dalla Fondazione Onlus Opera Santa Rita di Prato e dall’Università degli Studi di Firenze che approfondisce le normative, le politiche di integrazione e sanitarie coinvolte nella programmazione di interventi in materia di immigrazione.

Guardando al futuro, la gestione dei fenomeni migratori si dimostra un bacino ricco di opportunità di impiego per nuove figure in un momento di crisi occupazionale, mentre gli immigrati stessi si presentano come forza lavoro in un momento di difficoltà per alcuni settori lavorativi, nei quali la domanda supera di gran lunga l’offerta.

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Tommaso RossiImmigrazione in Toscana: tra bilanci e sfide future

Effetto Brexit: e sul Turismo cosa cambia?

by Tommaso Rossi on 4 Luglio 2016

Pochi giorni fa abbiamo  analizzato cosa potrebbe accadere in Toscana e nelle varie province, ipotizzando che una riduzione delle esportazioni delle aziende toscane nei confronti del Regno Unito sia un’ipotesi realistica, a causa della futura e probabile presenza di dazi e di complicazioni normative; oltre a questo, la svalutazione della Sterlina nei confronti dell’Euro rende ancora meno appetibili i prodotti oltre confini e quindi anche quelli toscani.

Dal punto di vista turistico, quali potrebbero essere le ripercussioni? Proprio quest’ultimo aspetto, relativo alla possibile svalutazione della Sterlina potrebbe giocare un ruolo chiave nel potere di acquisto dei britannici.

Il Regno Unito, secondo i dati Banca d’Italia, occupa nel 2015 la terza posizione tra i mercati di provenienza dei principali paesi europei, con quasi 27 milioni di pernottamenti. Al primo posto troviamo la Germania con oltre 62 milioni di pernottamenti, seguita dalla Francia con 35,5 milioni di pernottamenti. Più indietro l’Austria con quasi 15 milioni, la Spagna con 14,6 milioni e l’Olanda con 11,9 milioni. Staccati il Belgio con 6,3 milioni di pernottamenti e la Svezia con 2,8 milioni.

Posizione che si mantiene stabile anche per ciò che riguarda la spesa dei britannici in Italia, con poco meno di 3.000 milioni di Euro. Anche in questo caso a guidare la classifica dei principali paesi europei è la Germania con 5.469 milioni di Euro, seguita dalla Francia con 3.549 milioni di Euro e, appunto, dal Regno Unito. Troviamo poi l’Austria con 1.517 milioni di Euro, seguita dalla Spagna con 1.144 e dall’Olanda con 1.032. Infine, Belgio e Svezia, rispettivamente, con 614 e 319 milioni di Euro.

Ma il peso dei turisti d’oltre manica aumenta guardando alla spesa giornaliera pro capite che, con 109,2 euro giornalieri è la più alta dietro a quella degli svedesi (112,8 euro), ben più cospicua della spesa giornaliera pro capite media europea (93,8 euro) e di quella degli altri principali mercati di provenienza europea (quella tedesca è di 87,4 euro, quella francese di 100 euro e quella spagnola di 78,5 euro).

Quello britannico è un turismo principalmente da città d’arte e da sport invernali, ed è proprio quello relativo alle città d’arte che potrebbe avere ripercussioni anche per la Toscana.

Il turismo britannico, infatti, rappresenta anche in Toscana una bella fetta di turismo straniero, essendo il quarto mercato di provenienza tra i principali paesi europei per numero di presenze ed il terzo per numero di arrivi. Nel 2015, sono infatti 1 milione e 500 mila le presenze britanniche in Toscana e 412.500 gli arrivi.

Il principale mercato europeo è, anche in Toscana, quello tedesco con 4 milioni e 350 mila presenze e circa 805 mila arrivi nel corso del 2015. A seguire i Paesi Bassi con 1 milione e 925 mila presenze e 313 mila arrivi; troviamo poi la Francia con 1 milione e 790 mila presenze e 546 mila arrivi e, appunto, il Regno Unito. Vi è poi la Spagna con 782 mila presenze e 309 mila arrivi, seguita dal Belgio con 681 mila presenze e 147 mila arrivi, dall’Austria con 566 mila presenze e 125 mila arrivi e, infine, dalla Svezia con 272 mila presenze e 78 mila arrivi.

E’ ancora presto per capire le conseguenze del referendum della Gran Bretagna sulle presenze turistiche britanniche in Toscana legate ad un possibile impoverimento reale causato da una possibile svalutazione della sterlina, ma è anche vero che sia a livello nazionale che toscano, il peso della Gran Bretagna non è di poco conto, soprattutto perché strettamente legato a quel turismo delle città d’arte ben rappresentato dalla Toscana.

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