BREXIT – Cosa può accadere alle aziende della Toscana?

by Tommaso Rossi on 24 Giugno 2016

Solo poche ore dal voto che ha cambiato la vita dei cittadini britannici e, forse, anche di tutti quelli dell’Eurozona. Mercati in fibrillazione e tensione alle stelle. Vediamo in numeri la Toscana e cosa hanno da perdere le varie province con questo scenario.

Le due campagne referendarie sono ferme, gli Inglesi, i Gallesi, gli Scozzesi ed i Nord Irlandesi si sono espressi ed hanno deciso. Il 51,9% ha deciso che il futuro del Regno Unito è al di fuori di questa Europa  ed in solitaria. Nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi i mercati saranno agitati ed il quadro normativo/politico internazionale sarà da ridefinire e rivedere. Facciamo però il punto su quello che la Toscana esporta oltre manica.

La riduzione delle esportazioni delle aziende toscane nei confronti del Regno Unito è realistica, a causa della futura presenza dei dazi e delle complicazioni normative.  Oltre ai dazi, la svalutazione della Sterlina nei confronti dell’Euro rende ancora meno appetibili i prodotti oltre confine e quindi anche toscani.

La Toscana ha avuto un export nei confronti dell’UK di ben 1 miliardo e 800 milioni di euro nel 2015 con una crescita del +17% rispetto al 2009. Firenze, negli ultimi 6 anni, ha raddoppiato il proprio fatturato dai rapporti economici con la Gran Bretagna portandosi oltre soglia 580 milioni di euro.

I settori che hanno trainato la crescita, a livello regionale, degli ultimi anni sono i prodotti tessili con un + 54%, gli articoli di abbigliamento con un +78% e gli articoli in pelle cresciuti del 71%. Sono queste tre voci fanno un terzo del fatturato da export oltre manica, ben 654 milioni di euro.

L’export del settore moda nell’area Firenze-Prato-Pistoia, in crescita costante negli ultimi 7 anni ha chiuso il 2015 con 664 milioni di euro, rappresentando oltre il 30% delle esportazioni regionali oltre manica. Una riduzione, anche solo di qualche punto percentuale, farebbe perdere centinaia di migliaia di euro alle aziende della Toscana.

Dopo Firenze, la provincia che ha avuto maggior rapporti economici oltre manica nel 2015, è Arezzo con 377 milioni di euro; in terza posizione Lucca con 263 milioni. Molto staccate dalle prime tre province troviamo Livorno, Grosseto e Massa-Carrara rispettivamente con 51, 28  e 25 milioni di euro.

Arezzo con il settore della metallurgia, in cui vengono ricompreso le lavorazioni orafe, è la seconda voce regionale con 126 milioni di euro, secondo solo alla pelletteria (escluso l’abbigliamento) fiorentina che esporta ben 241 milioni di euro in Gran Bretagna. Lucca e Prato con rispettivamente 63 e 62 milioni di euro si posizionano al 4° e 5° posto con i prodotti della filiera della carta e con l’abbigliamento.

Numeri alla mano l’export toscano oltre manica è decisamente sostanzioso e perdere anche solo qualche punto percentuale di questo fatturato è una grave perdita per la nostra regione. Se da un lato, però, non è pensabile che la Gran Bretagna azzeri gli acquisti fuori dai propri confini, diventando autosufficiente è altre sì possibile che le difficoltà di commercio con l’Eurozona, portino le aziende di sua maestà a guardare altrove.

Non ci resta che attendere e vedere tra 6 / 12 mesi cosa diranno i dati aggiornati.

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Tommaso RossiBREXIT – Cosa può accadere alle aziende della Toscana?

Maggiore competitività nel turismo. Si può e si deve fare meglio!

by Tommaso Rossi on 21 Giugno 2016

Il nostro paese dispone di un patrimonio artistico e culturale inestimabile, un’impeccabile posizione al centro del Mediterraneo e un clima accogliente, così come le sue coste e le sue montagne. Nonostante tutto ciò, secondo lo studio Travel & Tourism Competitiveness Index 2015, potremmo fare meglio.

Sviluppare il settore del turismo è sicuramente una missione molto complessa, che richiede una guida politica di alto livello, in stretta collaborazione con il settore privato. L’Italia è l’esempio di un Paese che non ha sicuramente niente per cui invidiare la Spagna, in termini di storia e di bellezze naturali, ma che ha esposto un approccio meno strategico per capitalizzare i punti di forza. Ci collochiamo quindi in una posizione non troppo favorevole rispetto alle potenzialità presenti.

Lo studio, dopo aver analizzato tutta una serie di fattori e politiche che incidono sullo sviluppo sostenibile del settore turismo in 141 paesi, colloca l’Italia all’8° posto nella classifica generale, e al 6° in Europa, dopo Spagna (1°), Francia, Germania, Regno Unito e Svizzera.

I punti di forza dell’Italia sono cultura, storia, spettacolo (6°) e turismo naturale (2°). Oltre queste eccellenze resta il fatto che l’Italia debba sfruttare meglio il suo potenziale per sviluppare il settore turistico. L’ ambiente di business (127° su 141 paesi), ad esempio, ostacola gli investimenti privati ​​per una serie di motivi , tra cui un quadro giuridico inefficiente, una tassazione elevata e regolamenti che disincentivano gli IDE.

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Competitività nel turismo – Italia

L’indice di competitività dei prezzi ci colloca, ancor peggio, al 133° posto, più in basso rispetto a molti altri paesi dell’area mediterranea, tra cui la Spagna (105 °) e Grecia (113°).

Cosa ci dicono invece le classifiche in merito al turismo digitale?

L’indicatore ICT Readiness ci vede al 35° posto; sul podio Finlandia (1°), Hong Kong (2°) e Danimarca (3°) . Tale indicatore non viene calcolato solo su parametri strettamente tecnologici e infrastrutturali, ma anche attraverso la capacità delle aziende coinvolte di fornire servizi online. Impostazione che mette in luce proprio le nostre gravissime carenze: siamo al 102° posto per l’utilizzo di ICT nelle transazioni B2B, al 72° nelle transazioni B2C e al 56° come percentuale di Internet users.

Le nuove tecnologie e l’innovazione stanno rivoluzionando il settore turistico: la crescente fiducia nelle transazioni online, infatti, sta ridisegnando le parti in quest’ambito, chiedendo inevitabilmente alle aziende di rivedere il modo di fornire servizi. L’importanza del canale ICT non può, quindi, essere sottovalutata: i migliori attori stanno attirando clienti con strategie di marketing online e di branding a livello nazionale, offrendo servizi avanzati di customer care, che vanno ben oltre la singola prenotazione online.

Indicatori quali Prioritization of Travel&Tourism ci comunicano quanto purtroppo il settore turismo non sia tuttora prioritario per l’Italia; siamo al 65° posto. Malta al 1° posto a livello mondiale, con la Spagna, che in alcuni indicatori è spesso vicina all’Italia si colloca quasi sessanta posti più su, al 6°posto. L’importanza del “digital” sottolinea anche la necessità di valorizzare le risorse naturali e culturali, indubbiamente già presenti nel nostro Paese, ma che forse necessitano di maggiore visibilità.

Analizzando i singoli indicatori spicca l’87° posto per la priorità data dal Governo all’industria turistica, il 64° per percentuale di investimenti su bilancio totale e 123° posto per efficacia delle campagne di marketing e branding per attrarre turisti.

Non meno importanti, infine, i dati del World Economic Forum che analizzano anche il mercato del lavoro misurando la disponibilità di risorse umane e l’efficienza nell’allocarle. Anche qui, purtroppo, c’è da evidenziare che ci poniamo solo al 75° posto.  Nonostante il settore dei viaggi sia il secondo più grande datore di lavoro in tutto il mondo, con un enorme potenziale per l’ulteriore creazione di occupazione – si prevede di impiegare 338 milioni di persone entro il 2023 – la controparte italiana ha difficoltà ad attrarre i migliori talenti, sia per posizioni tecniche che manageriali.

Di cosa ha bisogno quindi il Paese Italia?

La prima necessità è un segnale forte, un radicale cambio di rotta, che dimostri una reale volontà del Paese di credere in quella che è l’industria del turismo. L’innovazione può e deve essere centrale nel nuovo modo di fare turismo in Italia. Suscitiamo meraviglia, ammirazione, stupore; siamo ben presenti nell’immaginario di tutti, dal cinese all’australiano ma poi, una volta arrivati in Italia, troppo spesso l’esperienza vissuta non è all’altezza delle aspettative oppure scadente.

E allora dobbiamo crederci, investendo in tutto ciò che ci contraddistingue, per far sì che il turista possa apprezzare e godere del nostro smisurato patrimonio e le sue mille sfaccettature, e sentirsene  sempre più parte. Sfruttare appieno gli strumenti innovativi e tecnologici che il mercato offre e rinnovare innovando il settore turistico italiano è l’unico modo per scalare le classifiche che vedono l’Italia troppo in basso per quello che ha da offrire al turista!

Il progetto TouriNet ha come obiettivo primario quello di condurre ricerca e sviluppo finalizzati alla definizione di nuove tecnologie per migliorare il business delle imprese del turismo, valorizzando la loro web reputation e promuovendo la creazione di sinergie tra attività di diverso tipo (ristoranti, alberghi, musei, etc.). In particolare vengono utilizzate innovative tecniche di Social Network Analysis (SNA),Sentiment Analysis, GIS e Web Semantico per produrre indicatori a partire dall’enorme miniera informativa presente online sulle imprese turistiche. È un progetto di ricerca sperimentale co-finanziato dalla Regione Toscana (Por Creo).

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Tommaso RossiMaggiore competitività nel turismo. Si può e si deve fare meglio!

Innovare per crescere

by Tommaso Rossi on 7 Giugno 2016

PMI e Innovazione, quali sono le opportunità in Toscana?

Il 10 maggio scorso, la Regione Toscana ha organizzato il workshop “La Toscana che innova: imprese, ricerca e competizione”, nel corso del quale, partendo dall’esperienza dei bandi “Ricerca, Sviluppo & Innovazione”, vi è stato un confronto tra aziende, categorie e mondo della ricerca e della formazione sulle opportunità che sono state messe a disposizione dalla Regione Toscana e sulle nuove modalità di interazione e collaborazione tra il mondo della formazione e quello del lavoro.

Nel corso dell’evento sono stati presentati i numeri dei progetti presentati e finanziati. Nel dettaglio, sono stati presi in considerazione:

  • Bando 1. Progetti strategici di ricerca e sviluppo
    Il bando finanzia progetti strategici di Ricerca Industriale e Sviluppo Sperimentale realizzati da Grandi Imprese in aggregazione con Micro, Piccole e Medie Imprese, ed eventualmente in collaborazione con Organismi di Ricerca.
  • Bando 2. Progetti di ricerca e sviluppo delle PMI
    Il bando finanzia progetti di Ricerca Industriale e Sviluppo Sperimentale realizzati da Micro, Piccole e Medie Imprese, in forma singola o associata, ed eventualmente in collaborazione con Organismi di Ricerca.
  • Bando 3. Aiuti all’innovazione delle PMI

Il bando finanzia progetti di innovazione (Organizzativa e di processo) realizzati da Micro, Piccole e Medie Imprese, in forma singola o associata, del manifatturiero e dei servizi.
Le domande presentate nell’ambito dei tre bandi sono state 507 (41 per il Bando 1, 268 per il Bando 2, 198 per il Bando 3), di cui 357 ammesse alla fase 2 (Tasso di ammissione al 70%); di queste 357, sono state presentate 295 domande in fase 2, di cui 252 ammissibili a finanziamento e 138 finanziate (12 per il Bando 1, 38 per il Bando 2 e 88 per il Bando 3). Il tasso di finanziamento sulle domande presentate è del 27% (29% per il Bando 1, 14% per il Bando 2 e 44% per il Bando 3).

Ma cosa è stato finanziato? La maggior parte delle domande presentate (227) hanno riguardato l’ICT e la Fotonica, 173 la Fabbrica Intelligente ed 84 Chimica e Nanotec. Delle 138 domande finanziate, 63 riguardavano ICT e Fotonica, 42 Fabbrica Intelligente e 30 Chimica e Nanotec.

Con 44 progetti cofinanziati è Firenze la provincia che ne ha il maggior numero, seguita da Pisa con 27, Arezzo con 19, Prato con 14, Lucca con 13. Pistoia si colloca al sesto posto di questa particolare classifica con 9 progetti cofinanziati, seguita da Siena con 6, Livorno con 4 e Grosseto con 2. Non sono invece presenti progetti provenienti dalla provincia di Massa Carrara.

La Regione Toscana ha finanziato progetti per oltre 43 milioni di Euro, impegnandosi quindi nell’aiuto a PMI desiderose di crescere ed innovarsi. Del resto, quella dell’innovazione, è la strada maestra per spingere sulla crescita del nostro tessuto imprenditoriale, anche se è necessaria una sempre maggiore integrazione degli aiuti, al fine di far ripartire il motore degli investimenti produttivi. Senza quest’ultimi, infatti, possiamo dire addio alla competitività e ai tentativi di cogliere la ripresa. Inoltre, è doveroso far conoscere le opportunità in atto, visto che diverse indagini rilevano come gran parte delle imprese non sia a conoscenza delle possibilità di sostegno.

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Tommaso RossiInnovare per crescere

La partecipazione in Toscana – La legge regionale n. 46 del 2013 ed i risultati ottenuti

by Tommaso Rossi on 3 Maggio 2016

Con la legge regionale n. 46 del 2013 in materia di “Dibattito pubblico e promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”, la Regione Toscana ha dato seguito alla legge regionale n. 69 del 2007 “Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”, prima in Italia in materia di partecipazione. Con queste previsioni normative la Regione è intervenuta direttamente nel rapporto tra istituzioni e cittadini cercando di incentivare e diffondere nuove forme e nuovi metodi di partecipazione; percorsi e regole condivise per discutere i problemi di una comunità, valutare le possibili soluzioni attraverso il dialogo ed il confronto, entro tempi definiti, nella fase che precede la vera e propria decisione.

Così come la legge regionale n. 69 del 2007, anche la legge regionale n. 46 del 2013 ha affidato ad una specifica Autorità per la garanzia e la promozione della partecipazione il compito di incentivare la partecipazione dei cittadini a livello regionale e locale per incoraggiare un rinnovamento delle istituzioni integrando la loro azione con strumenti di democrazia partecipativa nonché per diffondere la cultura della partecipazione e la valorizzazione di tutte le forme di impegno civico, dei saperi e delle competenze diffuse nella società. La Regione inoltre ho sostenuto e sostiene anche economicamente lo svolgimento dei processi partecipativi presentati da enti locali, imprese, associazioni, istituti scolastici, cittadini.

In base al rapporto redatto dall’Autorità per la garanzia e la promozione della partecipazione della Regione Toscana, nel periodo che va da Aprile 2014 a Maggio 2015, sono stati presentati 106 progetti la maggior parte dei quali, il 66%, da enti locali; complessivamente 54 su 106 progetti sono stati approvati (51%).

Se confrontiamo tale attività con quella svolta nel periodo 2008-2013 dall’Autorità istituita sulla base della legge n. 69 del 2007, notiamo che in tutto il periodo sono stati presentati 220 progetti di cui 116 (il 53%) sono stati finanziati. Se ne deduce che il numero di richieste presentate è cresciuto notevolmente considerato che in un anno e mezzo i progetti presentati sono stati, in valore assoluto, pari alla metà di quelli presentati in 5 anni di attività.

Altra considerazione da fare è che nel quinquennio 2008-2013 i progetti finanziati presentati dagli enti locali erano stati pari al 78%; nel 2014-1015 sono stati pari al 57% segno di una crescita delle altre tipologie di richiedenti. Significativo in particolare il caso delle imprese; nel 2008-2013 era stata soltanto una impresa a presentare la domanda mentre nel 2014-2015 sono già state già 12. Di queste soltanto 3 hanno però visto approvato il loro progetto.

Dando uno sguardo alla provenienza geografica dei progetti finanziati, il 33% proviene dalla Provincia di Firenze, il 15% dalla Provincia di Pisa, l’11% dalla Provincia di Lucca, il 9% dalla Provincia di Prato e Siena, il 7% dalla Provincia di Grosseto, il 6% dalla Provincia di Pistoia, il 4% dalla Provincia di Massa Carrara e Livorno, solamente il 2% dalla Provincia di Arezzo.

Il 40% dei progetti finanziati hanno avuto ad oggetto strumenti di programmazione e governance partecipativa (formulazione piani, regolamenti e/o politiche per la partecipazione; politiche pubbliche per la mobilità e i trasporti; politiche pubbliche per lo sviluppo economico/turismo; Bilanci partecipativi; piani di sviluppo locale e strumenti strategici; politiche per l’istruzione: progettazione offerta didattica; politiche pubbliche culturali; politiche pubbliche per l’integrazione), il 32% coesione e beni comuni (creazione legami/“patti” comunitari, contratti di fiume ecc; Piani partecipati della protezione civile; strategie di coesione sociale), il 28% la pianificazione territoriale (recupero e rivitalizzazione centri storici; formulazione piani urbanistici e regolamenti; progettazione ambientale; progettazione di servizi; progettazione e riqualificazione scuole e servizi scolastici; recupero edifici storici e progettazione di servizi).

I dati mostrano come la legge abbia svolto un ruolo di sensibilizzazione e sia sempre più un punto di riferimento per gli attori del territorio, non solo enti locali ma anche imprese, associazioni, comitati di cittadini che vogliono investire nella costruzione di percorsi inclusivi.

Il taglio alle risorse a cui anche tali processi sono andati incontro da parte della Regione Toscana rischia di colpire negativamente il trend positivo di crescita delle richieste visto sopra. La speranza è che nei prossimi mesi ed anni la Regione confermi gli stanziamenti degli anni precedenti in modo da sostenere anche economicamente i percorsi che verranno attivati sul territorio.

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Tommaso RossiLa partecipazione in Toscana – La legge regionale n. 46 del 2013 ed i risultati ottenuti

La Web reputation sempre più influente. Cosa dice di te la rete?

by Tommaso Rossi on 2 Maggio 2016

Non essere in rete è come non esistere ma esserci e farlo nel peggiore dei modi non è molto meglio. Un quadro d’insieme del panorama italiano; esperienza, relazione e condivisione al centro di un nuovo modo di porsi nel mercato globale.

Restringendo il campo della nostra analisi all’ambito  turismo, dati certi confermano che l’applicazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione offre agli operatori del settore turistico grandi vantaggi in termini di promozione e commercializzazione, aumentando però proporzionalmente anche la complessità dello scenario di riferimento. In particolare, nel processo di acquisto del prodotto turistico, il WEB è il principale strumento informativo per il Turista Digitale italiano, particolarmente attivo su Internet in tutte le macro-fasi del viaggio: nei momenti pre-viaggio, l’88% ricerca informazioni e l’82% prenota o acquista qualcosa (alloggio, mezzo di trasporto o attività da fare a destinazione); durante il viaggio il 44% acquista su Internet qualche attività e l’86% utilizza applicazioni in destinazione a supporto dell’esperienza; il 61% fa attività digitali nel post-viaggio.

Da un’indagine sulle strutture ricettive (Fonte: http://www.osservatori.net/), che ha coinvolto circa 2000 realtà italiane, si può invece notare che l’utilizzo degli strumenti digitali è ormai diffuso sia nella gestione delle relazioni esterne (si va dall’89% di utilizzo dei social network al 16% di invio di e-mail pubblicitarie a pagamento) sia nei processi interni (dall’82% dei sistemi di pagamento elettronici al 14% dei sistemi di CRM).

In linea generale, la ricerca di qualsiasi genere di informazione è prettamente online (65% contro i 17% offline) (Fonte: TripAdvisor globalreport italian 2015): viene da sé quindi che non può essere sottovalutato l’“ecosistema” digitale, in quanto le imprese sono chiamate oggi a confrontarsi con l’evoluzione del settore e a tenersi al passo in termini quindi di Web Reputation, prendendo in considerazione cosa il turista pensa dell’offerta proposta, a 360°. La quasi totalità dei rispondenti (99%) ha un sito web e aumenta il numero di coloro che hanno un profilo sui social network (89%), percepiti ormai come ambienti di “relazione” che i turisti prendono in considerazione al momento della scelta della destinazione.

Perché se dal punto di vista del turista, la reputazione online può creare aspettative specifiche per una scelta più consapevole, dal punto di vista dell’operatore offre l’opportunità di conoscere, monitorare ed analizzare in modo semplice ed efficace le opinioni sulla propria struttura, sui propri servizi, sui propri dipendenti e così via…

Ma cos’è quindi in concreto la reputazione online? Quali sono gli aspetti effettivi che impattano sulla scelta dei nostri utenti? È il servizio che eroghi o il brand che rappresenti? Non proprio!

La Web Reputation oggi è molto di più: è l’interpretazione del nostro operato da parte di chi ci sceglie; è l’interpretazione del nostro messaggio, come viene recepito, trasformato e rimesso in circolazione: è anche ed in parte il PASSAPAROLA. È la struttura, i suoi dipendenti, il suo territorio… è l’ESPERIENZA, è tutto quello che il cliente sperimenta ogni giorno e che è in grado di raccontare.

C’è da dire che non esiste un manuale di monitoraggio della propria presenza in rete, ma in linea generale è consigliabile seguire costantemente tutti quei dettagli che riguardano sia l’impianto in senso stretto, sia eventuali slogan o messaggi di marketing, quindi la rete comunicativa. Il punto fondamentale resta quello di non creare false aspettative, ma usare una trasmissione delle informazioni autentica, semplice e trasparente.

Il problema delle false recensioni, o commenti non veritieri è pratica ancora diffusa ma non possiamo per questo sminuire l’importanza della voce in capitolo che ha l’esperienza del turista; esperienza che nuovi strumenti e servizi stanno rendendo sempre più centrale. È proprio qui che si rafforza il ruolo dell’operatore e degli strumenti di gestione della web reputation. Una buona gestione consiste proprio nel gestire proattivamente ogni feedback, analizzarlo, avviare un’interazione istantanea con l’utente e agire quindi in maniera tempestiva e positiva.

Esiste perciò un vero e proprio “palcoscenico virtuale”, capace di influenzare sotto molti aspetti il business delle imprese del turismo. La necessità di gestire questo “palcoscenico virtuale” è quindi di vitale importanza e l’imprenditore nel settore turistico deve essere il primo attore in scena, contribuendo alla costruzione di una reputazione ideale, solida e duratura nel tempo.

Il progetto TouriNet ha come obiettivo primario quello di condurre ricerca e sviluppo finalizzati alla definizione di nuove tecnologie per migliorare il business delle imprese del turismo, valorizzando la loro web reputation e promuovendo la creazione di sinergie tra attività di diverso tipo (ristoranti, alberghi, musei, etc.). In particolare vengono utilizzate innovative tecniche di Social Network Analysis (SNA),Sentiment Analysis, GIS e Web Semantico per produrre indicatori a partire dall’enorme miniera informativa presente online sulle imprese turistiche. È un progetto di ricerca sperimentale co-finanziato dalla Regione Toscana (Por Creo).

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Quando i dati salvano vite: la banca dati sulla donazione degli organi

by Tommaso Rossi on 14 Aprile 2016

Il Sistema Informativo Trapianti (SIT) è una banca dati pubblica, aggiornata in tempo reale, che registra le attività della rete nazionale dei trapianti per garantire la tracciabilità e la trasparenza dell’intero processo di “donazione-prelievo-trapianto” di organi e tessuti.

Al 12 aprile 2016 oltre 1,6 milioni di cittadini adulti in Italia (pari al 3,2% dei maggiorenni) ha espresso il proprio consenso alla donazione di organi attraverso una delle modalità previste: presso le ASL, attraverso l’iscrizione all’A.I.D.O. (Associazione italiana per la donazione di organi), o attraverso il consenso reso presso il proprio Comune di residenza all’atto di richiesta/rinnovo del documento di identità. Proprio quest’ultima modalità, prevista dalla Legge 25 del 2010, ha dato una forte spinta verso una maggiore sensibilità e disponibilità da parte dei cittadini a riflettere su questo importante tema.

Nel solo 2014 in Italia sono stati effettuati 2.984 trapianti, grazie alla generosità di 2.347 donatori (di cui 261 viventi). Sempre all’aprile 2016, sono 9.329 le persone in lista di attesa di un trapianto (di cui 269 in lista pediatrica).

In Toscana le dichiarazioni di volontà per la donazione di organi sono ad oggi circa 106 mila, pari al 3,3% della popolazione maggiorenne residente in Regione, raccolte in larga parte attraverso l’iscrizione all’A.I.D.O.

In considerazione dell’importanza del tema, la Regione Toscana in col­laborazione con Anci Toscana, Federsanità Anci, Centro Nazionale Trapianti e AIDO ha avviato una campagna di sensibilizzazione attraverso il progetto “Una scelta in comune” : nel caso in cui il cittadino decida di esprimere la propria volontà – sia essa positiva o negativa – questa confluirà direttamente nel Sistema Informativo Trapianti, il database del Ministero della salute, consultabile 24 ore su 24; il dato acquisito non viene indicato sul documento di identificazione ed è possibile modificare in qualsiasi momento la scelta indicata, comunicandolo alla propria Asl.

 

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Gli Uffizi e la sfida del “Corridoio” per sfidare i grandi musei europei

by Tommaso Rossi on 14 Marzo 2016

Nel 1565 probabilmente Giorgio Vasari non pensava che il Corridoio costruito per Cosimo I dei Medici e la sua ristretta cerchia familiare avrebbe un giorno, oltre 450 anni dopo, consentito a qualche milione di persone di spostarsi tra la Galleria degli Uffizi e Palazzo Pitti.

Sembra infatti essere questo lo scenario prospettato dal nuovo direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, che intende utilizzare il Corridoio Vasariano  – senza la collezione di autoritratti – per portare quello che sarebbe il nuovo Polo museale degli Uffizi a sfidare i numeri dei principali musei europei. Già nel 2015 i visitatori degli Uffizi sono aumentati del 2% rispetto all’anno precedente (1.971.596 ingressi totali), in un contesto nazionale comunque segnato dall’ottima dinamica turistica: i visitatori dei musei italiani sono aumentati del 6% (2,5 milioni di persone in più), gli incassi del 14% (+20 milioni) e gli ingressi gratuiti del 4% (+ 900mila).

Proprio Firenze piazza 3 attrazioni nella “Top ten” nazionale per numero di visitatori, con gli Uffizi al terzo posto (dopo il Colosseo e gli Scavi di Pompei), le Gallerie dell’Accademia al quarto (1,4 milioni di visite) e il Circuito museale Boboli e Argenti al sesto posto (864 mila visite). Considerando i soli musei, quindi, Firenze vanta la maggiore attrattività delle proprie strutture, e il “numero chiuso” della Galleria degli Uffizi  – non possono essere presenti contemporaneamente più di 900 persone – non sembra influire sui numeri costantemente in crescita del sito museale.

Restano comunque lontani i principali poli museali europei, come il Louvre di Parigi (9 milioni di visitatori) o il British Museum (6,6 milioni) e la National Gallery (6,4 milioni) di Londra. Facendo una semplice somma algebrica dei visitatori della Galleria degli Uffizi, del Corridoio Vasariano (la cui collezione però necessiterebbe di una nuova collocazione), dei musei di Palazzo Pitti e del Giardino di Boboli, il nuovo Polo “sfonderebbe” senza problemi la cifra di oltre 3 milioni di visitatori annui. A questo numero potrà verosimilmente aggiungersi un’ulteriore quota di visite derivanti dalla riorganizzazione del sistema, aspettandosi che da tale processo venga fuori un gioco a somma positiva, in cui cioè a beneficiarne saranno non solo le nuove Gallerie degli Uffizi, ma anche le altre attrazioni del circuito e, in sintesi, l’intera offerta turistico-culturale fiorentina.

Ulteriore aspetto su cui pare utile soffermarsi riguarda la tipologia di turismo su cui la nuova offerta museale andrebbe ad impattare. L’ampliamento dell’offerta legata al biglietto che il turista acquista per visitare gli Uffizi potrebbe avere un impatto positivo anche sulla permanenza media, che ad oggi per Firenze si assesta sui 2,6 giorni, agendo così sul cd. “turismo mordi e fuggi”, molto impattante sul lato della domanda di servizi della città, ma meno dal punto di vista del finanziamento degli stessi servizi attraverso, ad esempio, il pagamento della tassa di soggiorno. Se si ipotizzasse un aumento annuale del 3% del numero di presenze in città dovuto alla riorganizzazione degli Uffizi, Palazzo Vecchio potrebbe contare su risorse aggiuntive, in media, per oltre 1 milione di euro derivante dalla solo tassa di soggiorno, senza contare gli effetti sull’intero indotto turistico.

“L’impatto dell’apertura del Corridoio Vasariano sul turismo di Firenze – affermano i ricercatori di reteSviluppo – non può essere comunque stimata appieno con le informazioni ad oggi a disposizione. Molto dipenderà anche dalla politica dei prezzi che verrà adottata attraverso un probabile biglietto unico, così come sarà fondamentale l’offerta di servizi durante il percorso di visita, soprattutto attraverso il supporto di tecnologie digitali in grado di rendere l’esperienza sempre più personalizzata e appetibile per le esigenze del turista”.

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Tommaso RossiGli Uffizi e la sfida del “Corridoio” per sfidare i grandi musei europei

Democrazia partecipativa: nuova linfa per la dimensione pubblica delle decisioni

by Tommaso Rossi on 8 Marzo 2016

I cambiamenti cui sembrano andare incontro negli ultimi anni le democrazie moderne, in modo particolare la perdita di centralità delle forme di rappresentanza e di partecipazione, hanno finito inesorabilmente con il far emergere nuove idee di riforma della pratica democratica come il concetto di democrazia partecipativa. Un orientamento da cui hanno preso avvio approfondimenti ed approcci teorici ampi ed articolati ma anche diffuse e diversificate pratiche “partecipative”.

In letteratura vi è anche una ampia discussione riguardo al significato di democrazia partecipativa così come alla distinzione terminologica rispetto all’espressione democrazia deliberativa . Non è tuttavia obiettivo di questo articolo approfondire le differenze terminologiche tra le due espressioni quanto sottolineare soprattutto l’emergere di una nuova e per certi versi intermedia forma di democrazia tra quella rappresentativa e quella diretta che definiamo per semplicità in questo articolo partecipativa.

Per democrazia partecipativa si intende un modello in cui la partecipazione è assunta quale metodo di governo della cosa pubblica, in base a criteri di inclusione, collaborazione e stabilità del confronto fra istituzioni e società civile: in particolare essa si configura come un’interazione entro procedure pubbliche (amministrative, normative, di controllo) fra società e istituzioni, che mira, mediante forme collaborative di gestione dei conflitti, a produrre di volta in volta un risultato unitario in funzione del miglior perseguimento dell’interesse generale.

Secondo Umberto Allegretti, nella democrazia partecipativa le persone sono presenti come singoli e attraverso associazioni, e agiscono autonomamente nell’istruttoria, nella consultazione e nella stessa decisione in seno però a procedure istituzionali riconosciute: “cittadini comuni” che intervengono attraverso autocandidatura o su chiamata attraverso sorteggio o con altre modalità imparziali scelte dall’istituzione che conduce il processo.

Solitamente i cittadini definiscono delle raccomandazioni ma è l’istituzione ad assumere la vera e propria decisione finale. Per Allegretti pertanto la democrazia partecipativa implicherebbe un ruolo importante da parte delle istituzioni che non perderebbero il loro ruolo decisorio ma che rimarrebbero al contrario centrali all’interno del processo. Dall’altra parte i cittadini agirebbero come legittimi protagonisti, autonomi e capaci di influenzare la decisione; non si tratterebbe delle classiche procedure della democrazia diretta o delle esperienze di autogestione in cui da soli i cittadini decidono in merito ad una specifica tematica. Si assisterebbe pertanto ad una situazione in cui, all’interno di una procedura organizzata, le due componenti (cittadini ed istituzione) sarebbero reciprocamente riconosciuti.

Nonostante le potenzialità della democrazia partecipativa, altrettanto, diffuse sono le perplessità dovute anche al fatto che, in diverse occasioni, sono state nutrite attese che poi hanno avuto difficoltà ad essere realizzate concretamente. È opportuno pertanto interrogarsi tanto sui punti di forza che sui punti di debolezza di tale approccio e delle esperienze realizzate, in modo da alimentare le opportunità di cambiamento offerte da questo nuovo orientamento che sembra in grado di garantire nuova linfa alla dimensione pubblica delle decisioni. In un periodo in cui la politica e gli organi di rappresentanza sembrano aver perso il loro ruolo storico, queste nuove forme di partecipazione potrebbero infatti garantire una rinnovata partecipazione collettiva con forme e modalità nuove.

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Tommaso RossiDemocrazia partecipativa: nuova linfa per la dimensione pubblica delle decisioni

La Corporate Social Responsibility: strumento importante e strategico per le imprese

by Tommaso Rossi on 2 Marzo 2016

La CSR (Corporate Social Responsibility), tradotta in italiano RSI Responsabilità Sociale d’Impresa, ha fatto il suo ingresso formale nell’agenda dell’Unione Europea in corrispondenza del Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000, quando è stata considerata uno degli strumenti strategici con l’obiettivo di realizzare una società più competitiva e socialmente coesa e per modernizzare e rafforzare il modello sociale europeo.

Tra gli strumenti attraverso i quali è possibile perseguire tali obiettivi, un ruolo di primaria importanza spetta al Bilancio Sociale, un documento informativo che illustra l’attività di un’impresa, ma anche di altre organizzazioni, mettendo in luce la propria attività con il contesto sociale in cui opera.

Si rivolge generalmente agli stakeholder dell’impresa e permette di descrivere l’operato dell’impresa in rapporto alla sua mission ed ai suoi principi generali; di illustrare le proprie prestazioni in particolare dal punto di vista sociale; di divulgare informazioni necessarie al management per definire le strategie sociali dell’impresa; di verificare la coerenza tra gli obiettivi prefissati e i risultati raggiunti e, infine, di fissare gli obiettivi dell’impresa sotto il profilo sociale.

Secondo i dati del KPMG International Survey of Corporate Responsibility Reporting, le grandi imprese che pubblicano Bilanci Sociali sono circa il 64% delle imprese facenti parte del G250 – Global Fortune 250 companies e il 41% delle N100, un paniere composto dalle maggiori 100 imprese di 16 Paesi. A livello europeo, realizza un Bilancio Sociale circa il 65% delle imprese del Dow Jones 600 Europe, un indice che include 600 imprese europee di grandi e medie dimensioni. A livello italiano, invece, L’Osservatorio Bilanci CSR, creato da Avanzi nel 2004, dichiara che circa il 15% delle società quotate redige un Bilancio Sociale; percentuale che sale al 60% se si considerano le società a maggiore capitalizzazione S&P MIB40.

Il V Rapporto nazionale SWG per l’Osservatorio Socialis di Errepi Comunicazione “L’impegno sociale delle aziende in Italia”, sostiene che il 64% delle aziende con più di 100 dipendenti investe in CSR: di queste, la maggior parte può contare su fatturati molto consistenti e, tra le modalità che le aziende scelgono per operare nel tessuto della CSR, è prevalente quella di matrice “passiva”, cioè si limita a fare delle erogazioni economiche e/o materiali non investendo nell’operatività dell’impresa. Sempre secondo tale indagine, il Bilancio Sociale, è redatto dal 37% delle imprese.

Di dati attendibili non ve ne sono molti, ma secondo rilevazioni effettuate da Unioncamere sull’interesse mostrato dalle imprese italiane verso il Bilancio Sociale, emergerebbe che maggiore è la dimensione delle imprese più alto è il loro interesse per tale strumento, interesse che pertanto diminuirebbe con il contrarsi della dimensione aziendale. Questo dipende ovviamente dal fatto che cambiando la dimensione aziendale cambiano le ragioni per cui si decide di adottare comportamenti socialmente responsabili, ma bisogna puntualizzare come strumenti di questo tipo vadano a generare effetti positivi che in molti casi sono indipendenti dal tipo di impresa.

Al fine di diffondere quindi uno strumento come quello del Bilancio Sociale anche all’interno di quel vasto panorama produttivo composto dalle piccole e medie imprese, è necessaria una messa in rete delle stesse, in modo che possano cogliere vantaggi e benefici di tale strumento, in modo che le esperienze che già ci sono vadano moltiplicandosi. Un ruolo di primo piano potrebbero averlo ad esempio le associazioni di rappresentanza delle imprese, che dovrebbero essere capaci di creare la giusta rete e di sensibilizzare gli imprenditori ad intraprendere azioni di rendicontazione sociale di questo tipo.

Oltre a questo, sarebbe di vitale importanza, creare politiche di incentivazione più consistenti al fine di spingere gli attori imprenditoriali verso la rendicontazione sociale. Un freno alla sua diffusione, infatti, non può che provenire, in primo luogo, da una mancanza di ritorni immediati e da una mancanza di incentivi di mercato.

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Tommaso RossiLa Corporate Social Responsibility: strumento importante e strategico per le imprese

La condizione abitativa in Toscana, tra luci e ombre

by Tommaso Rossi on 16 Febbraio 2016

Il Rapporto dell’Osservatorio Sociale Regionale svela che il 92% degli assegnatari di alloggi popolari è di cittadinanza italiana. Migliora lo stato di salute del mercato immobiliare, mentre forti criticità permangono sul fronte degli sfratti.

Dati interessanti provengono dalla fotografia scatta dall’Osservatorio Sociale attraverso il IV Rapporto sulla condizione abitativa in Toscana: da un lato, nel corso del 2014, si è osservata una ripresa del mercato immobiliare, grazie alla crescita delle compravendita di immobili residenziali (+5,6%) sostenuta da prezzi ancora in calo e da una prima ripresa dei mutui concessi dagli istituti di credito (+14,9%); gli aspetti di maggiore criticità continuano a riguardare l’emergenza sfratti, con l’aumento dei provvedimenti (+2,3%) e, soprattutto, delle esecuzioni di sfratto (+15,5%). Confrontando i dati degli sfratti in Toscana con la popolazione residente, si osserva un provvedimento di sfratto ogni 269 famiglie (mentre il dato nazionale è di uno ogni 334 famiglie) e un’esecuzione ogni 494 famiglie (contro le 715 in Italia). Il peggior rapporto tra provvedimenti di sfratto emessi e famiglie residenti si registra nelle province di Prato (1/152) e Pistoia (1/217). Ancora non provengono segnali positivi dall’Edilizia: prosegue il calo di nuove costruzioni che, nel 2013 (ultimo dato disponibile), sono quasi dimezzate (-46,1%) rispetto all’anno precedente.

A fronte delle difficoltà segnalate rispetto al bisogno primario dell’abitazione, la risposta pubblica ha agito su diversi fronti: dal Fondo sociale per l’affitto (oltre 20 milioni di euro, di cui circa 8 stanziati dalla Regione), al Fondo nazionale per la morosità incolpevole, grazie al quale nel 2014 sono stati assegnati 3,7 milioni di euro ai Comuni capoluogo ed i Comuni ad alta tensione abitativa, e il “Fondo sfratti”, con 4 milioni di euro di stanziamento regionale finalizzati ad evitare l’esecuzione degli sfratti per morosità di famiglie in temporanea difficoltà. Quest’ultimo strumento, nel 2014, ha visto un tasso di copertura delle domande pari al 69,8% dei richiedenti (731 beneficiari); il contributo medio erogato è stato di 5.466 euro.

Particolarmente interessante è l’approfondimento contenuto nel Rapporto che, in continuità con gli scorsi anni, analizza il patrimonio di edilizia pubblica e le caratteristiche degli assegnatari degli alloggi. Il patrimonio Erp gestito dalle undici Aziende pubbliche per la casa operative in Toscana è composto da 49.361 unità immobiliari (cui se ne aggiungono 1.283 in costruzione), più del 55% delle quali concentrate a Firenze (25,8%), Livorno (16,9%) e Pisa (12,5%). In Toscana in media si ha un alloggio di edilizia residenziale pubblica ogni 33,2 famiglie, contro il dato nazionale di un alloggio ogni 34,8 famiglie.

Maggiore disponibilità di alloggi si ha a Livorno (1 alloggio ogni 18,7 famiglie), Massa Carrara (1 ogni 23,4), Pisa (1 ogni 29,2) e Firenze (1 ogni 29,6). Minore disponibilità a Pistoia (1 ogni 58,5) e Prato (1 ogni 57,4).

Le famiglie che in Toscana vivono all’interno di un alloggio Erp sono 47.602 per un totale di 115.708 persone (2,43 componenti per famiglia). In tutto rappresentano quasi il 3% dei residenti nella regione e il 18,3% delle famiglie che vive in affitto. Nel 92% degli alloggi almeno un assegnatario ha la cittadinanza italiana: tale dato sconfessa quindi senza possibilità di replica l’affermazione secondo cui l’accesso all’alloggio popolare sarebbe una prerogativa dei soli cittadini stranieri.

Nel 27,4% dei casi la famiglia che vive nell’alloggio è composta da una sola persona, in valori assoluti si tratta di 13mila famiglie  unipersonali. Di queste 1.783 sono con assegnatario di età superiore  ad 85 anni. Il 94,7% degli alloggi Erp risulta assegnato a inquilini con regolare contratto di locazione, mentre le occupazioni senza titolo/abusive rappresentano l’1,7% del totale, contro il 6,2% del dato nazionale.

Il quadro generale offerto dal Rapporto ci mostra quindi un leggero miglioramento di alcuni indici relativi al mondo dell’abitazione, anche se permangono forti criticità sul fronte degli sfratti. Il patrimonio Erp, in tal senso, rappresenta un’importante risposta alle difficoltà economiche delle famiglie, accentuatesi negli ultimi anni, tuttavia i dati relativi alle graduatorie ci mostrano come soltanto circa il 12-13% dei nuclei presenti all’interno delle graduatorie comunali (di durata triennale) riesce ad avere accesso all’alloggio popolare. Un problema in tal senso, comune all’intero Paese, riguarda il basso tasso di turnover che, nella sostanza, viene garantito soltanto alla morte degli occupanti degli alloggi. Oltre all’accrescimento del patrimonio abitativo di edilizia residenziale pubblico, una maggiore efficacia delle politiche dell’alloggio (in termini di risposta ai bisogni di un pubblico più ampio) dovrebbe essere garantita dal passaggio ad una logica di “transitorietà” dell’alloggio popolare, utile cioè a supportare il nucleo familiare all’interno di periodi di difficoltà e facilitarne il miglioramento delle condizioni economiche che potranno quindi consentire, allo stesso nucleo, di potersi rivolgere al mercato privato della locazione, “liberando” risorse che potranno essere utilizzate per altri soggetti in difficoltà.

Il IV Rapporto sulla condizione abitativa in Toscana, è scaricabile dal sito web dell’Osservatorio Sociale Regionale

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Tommaso RossiLa condizione abitativa in Toscana, tra luci e ombre