TikTok ruba il tempo (e il sonno) agli adolescenti fiorentini.

by Stefano Ciapini on 13 Marzo 2023

Quasi il 70% dei ragazzi e delle ragazze non si accorge del tempo che passa su TikTok e lo usa fino a tarda notte.
Su 436 liceali di Firenze che hanno risposto al sondaggio, il 37,15% dichiara che gli è capitato spesso di passare del tempo su TikTok fino a tarda notte senza accorgersi del trascorrere del tempo.
A questi si aggiunge un 31,19% di studenti e studentesse che hanno addirittura dichiarato che ciò capita “sempre”. Al 18,80% è capitato raramente e solo al 12,84% degli studenti e delle studentesse non è capitato mai.

Di fronte a questi dati non può che emergere una certa preoccupazione. Come porre un argine alla diffusione di un comportamento sicuramente nocivo per la salute e il benessere degli adolescenti? Il divieto di utilizzo è davvero l’unica strada percorribile?
È possibile pensare percorsi di educazione digitale che ci rendano consumatori consapevoli in grado di essere protagonisti del proprio tempo e non schiavi di un algoritmo?
Secondo la dott.ssa Ester Macrì, sociologa e presidente di ReteSviluppo: “TikTok è costruito ad arte per tenerci incollati ore e ore, e questo capita anche a noi adulti. Il dialogo all’interno della scuola e la formazione di docenti, educatori e degli stessi ragazzi è fondamentale per fornire prime risposte a questo preoccupante trend. Occorre incentivare percorsi che stimolino gli adolescenti a riflettere da protagonisti sull’uso che fanno delle piattaforme digitali.”

ReteSviluppo s.c.
Centro di ricerca su digitale e media education
info@retesviluppo.it
Dott.ssa Ester Macrì 3332581974 ester@retesviluppo.it

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ReteSviluppo va a scuola col progetto “Salto con la rete revolution!”

by Stefano Ciapini on 1 Marzo 2023

Il progetto è inserito all’interno del piano “Le chiavi della Città” del Comune di Firenze in collaborazione con Diaconia Valdese Fiorentina. 

Nello specifico i formatori di ReteSviluppo, Ester Macrì, Gabriele Cannarozzo, Floriana Harder e Benedetta Paoletti hanno incontrato circa 60 ragazzi e ragazze delle classi seconde e terze della scuola media.

Lo scopo del progetto è quello di sensibilizzare i ragazzi verso un uso più consapevole della rete attraverso divertenti giochi di simulazione. Nel dettaglio, ogni classe ha partecipato a due incontri:

  • nel primo incontro, i ragazzi sono stati trasportati in uno spazio digitale dal nome Zirma in cui l’unica regola per gli abitanti è quella di divertirsi. I formatori di ReteSviluppo hanno presentato loro sei abitanti di Zirma mostrando un loro post. Ai ragazzi è stato successivamente chiesto di rispondere, tramite il proprio smartphone, al post del personaggio con un commento personale. Successivamente i commenti sono stati letti e le tematiche che sono emerse hanno permesso ai formatori di sensibilizzare i ragazzi sulle problematiche principali che possono essere incontrate in rete: cyberbullismo, body shaming, razzismo, adulatori online, trolling, haters…
  • nel secondo incontro, invece, i ragazzi hanno partecipato ad un gioco chiamato “Chi è l’impostore?”. Sono state presentate loro delle situazioni particolari all’interno delle quali cinque personaggi diversi avrebbero assunto posizioni diverse. Tramite un dibattito, gli alunni avevano l’obiettivo di individuare il personaggio impostore, ovvero quella figura che avrebbe assunto la posizione più scorretta per se stesso e per gli altri. Con una votazione finale, la classe ha, quindi, scelto l’impostore. Ogni personaggio indovinato ha portato un punto alla classe. Anche questo gioco è stato la chiave per poter affrontare nuovamente alcune dinamiche della rete quali i meccanismi e i rischi dello shopping online, l’uso corretto della messaggistica, l’uso corretto dei videogiochi…

Nel complesso il progetto ha riscosso un doppio successo: gli alunni si sono sì divertiti ma sono stati anche capaci di comprendere e di ragionare su tematiche importanti quali i rischi che la rete si porta con sé. 

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ReteSviluppo al convegno dell’Ordine dei Medici: presentata la ricerca “La messaggistica istantanea nell’esercizio della professione medica”

by Stefano Ciapini on 27 Febbraio 2023

Sabato 18 Febbraio 2023 Lapo Cecconi e Ester Macrì di ReteSviluppo hanno presentato la ricerca “La Messaggistica Istantanea nell’esercizio della Professione Medica” all’interno di una mattinata di confronto organizzata dall’Ordine dei Medici di Firenze.

Durante tutto il 2022 ReteSviluppo ha effettuato un’indagine online che ha coinvolto oltre 1500 professionisti dell’Ordine dei Medici di Firenze.

I risultati riportati sono assolutamente significativi e evidenziano la grande portata della messaggistica istantanea nell’esercizio della professione medica. Per riportare alcuni dei dati più significativi:

  • 8 medici su 10 hanno contatti con gli assistiti tramite smartphone
  • a seguito della pandemia 1 professionista su 2 comunica con i pazienti via WhatsApp
  • WhatsApp è l’app di comunicazione in assoluto più utilizzata (84,3%)
  • nello specifico WhatsApp viene usata per comunicare con i pazienti (53,9%), per fissare appuntamenti (39,8%), per inviare prescrizioni (20,7%), per valutare esami e dare consigli terapeutici ai pazienti (42%), per scambiare informazioni cliniche dei pazienti con i colleghi (56,1%)
  • la messaggistica istantanea risulta essere invasiva nella privacy e nella sfera privata di un medico

A concludere la mattinata le parole del presidente dell’Ordine Dattolo: “La messaggistica tramite cellulare permette di dare in tanti casi risposte rapide e tempestive ai pazienti, sciogliendo dubbi e timori, andando incontro alle esigenze più varie. È importante tuttavia non perdere di vista il confronto umano, di persona, che resta il centro di questa professione. Occorre anche porre attenzione al tema della privacy e restare aggiornati sulle nuove opportunità di comunicazione che si presenteranno nei prossimi anni per essere sempre al fianco della popolazione e nei loro bisogni di cura”.

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Progetto Youngle per Good Gamer Toscana | 4 febbraio, Livorno

by Stefano Ciapini on 24 Febbraio 2023

Sabato 4 Febbraio si è svolto a Livorno l’incontro di formazione per i peer del nuovo centro Youngle Games Livorno, finanziato da Anci Toscana e Regione Toscana nell’ambito del progetto Good Gamer Toscana.

La formazione si è basata sull’esperienza dei Peer Senior di Siena: 4 ragazzi tra i 16 e i 19 anni che tutte le settimane mettono a disposizione il loro tempo e le loro capacità per aiutare altri ragazzi in difficoltà.
Come? Tutti i ragazzi che ne avranno bisogno possono chattare in modo anonimo, sicuro e gratuito sulla App di Youngle ed avere così uno spazio in cui esprimere dubbi, paure, desideri, difficoltà e molto altro.

Dall’altra parte della chat ci troverete sempre dei ragazzi che sono lì proprio per ascoltare e accogliere chiunque abbia voglia di aprirsi con loro. Ci sono anche degli psicologi sempre a disposizione gratuitamente per chiunque ne avesse bisogno!

Il motto dei nostri Peer di Siena è: “Nella giungla della adolescenza, una liana per la sopravvivenza”.
Le parole d’ordine di questa giornata e di questo progetto sono: accoglienza, ascolto, assenza di giudizio, parità e condivisione. Se anche tu vuoi far parte di questo progetto o se sei interessato al servizio che esso svolge scarica l’App Youngle (Play storeApp store) o visita il profilo Instagram di Youngle della tua città.

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Stefano CiapiniProgetto Youngle per Good Gamer Toscana | 4 febbraio, Livorno

Notte Bianca Elettorale UNIFI: un grande successo per ReteSviluppo!

by Stefano Ciapini on 27 Settembre 2022

Nella notte delle elezioni, presso l’Università degli Studi di Firenze, al polo di Novoli, si è tenuto un evento davvero importante: la Notte Bianca Elettorale!
Si è trattato di un appuntamento che ha visto ReteSviluppo coinvolta sotto molti punti di vista, a fianco dell’Ateneo, dell’associazione Alumni “Cesare Alfieri” di Firenze e del Centro Italiano Studi Elettorali.

Ci siamo trovati, assieme a 400 persone tra partecipanti e organizzatori, presso l’edificio D5 del polo universitario per seguire assieme il risultato elettorale ed analizzarlo, mixando la serietà degli interventi accademici alla leggerezza delle nostre attività interattive (che, pur leggere, suscitano profonde riflessioni).

Dalle 21.00 della domenica sino alle 02.00 del lunedì abbiamo popolato le aule in uno scambio di idee proficuo, abbiamo gustato le delizie della Pasticceria Nencioni, tenendoci svegli col caffè qualora la tensione elettorale non bastasse, e siamo rimasti col fiato sospeso sino alla rivelazione dei primi exit poll.

In attesa dei risultati, con le nostre attività interattive abbiamo testato la preparazione della platea sulla legge elettorale: è stato divertente mettere alla prova prof, studenti e tanti altri ospiti grazie allo strumento di Mentimeter, per poi chiarire tutti i dubbi emersi assieme al professor Chiaramonte.

Poi, la chiusura delle urne: è stato l’apice della serata, tutti raccolti a cercare di capire quale sarebbe stato il destino del Parlamento Italiano da lì ai successivi 5 anni.

Nell’attesa di dati sempre più accurati, via via che lo spoglio proseguiva, il palcoscenico è passato in mano al CISE e ancora a ReteSviluppo: il primo occupandosi di rielaborare i dati elettorali in tempo reale, fornendoci delle approfonditissime e interessanti letture del voto degli Italiani, mentre noi ci siamo cimentati nell’analisi dei social grazie al lavoro svolto dalla nostra Presidente, Ester Macrì, e dal Dottor Alessandro Latterini.

Abbiamo confrontato le performance dei politici sbarcati su TikTok rispetto ad alcuni influencer italiani

Questo immenso lavoro è stato possibile grazie a un’organizzazione davvero ben orchestrata e targata ReteSviluppo.
La gestione tecnica è stata per tutta la sera in mano ai nostri ragazzi, Jacopo, Gabriele e Alessandro, che hanno creato un professionale ed efficiente flusso di più canali video e audio (presentazioni, video, canali TV, dirette social, interventi dal pubblico e così via), interfacciandosi anche coi materiali provenienti da una sala stampa allestita per l’occasione, diretta dal nostro Stefano, che si è occupato della copertura mediatica dell’evento.
Non possiamo non citare il nostro Lapo Cecconi, che come sempre ha avuto un ruolo organizzativo e logistico fondamentale.

Il nostro team video&audio: Gabriele, Alessandro, Jacopo!

Ringraziamo di cuore l’Università che ha reso possibile la Notte Bianca: è sull’onda di questo entusiasmo che ci spingiamo con la mente in avanti, invitandovi a tornare da noi per la prossima tornata elettorale!

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Stefano CiapiniNotte Bianca Elettorale UNIFI: un grande successo per ReteSviluppo!

“Zitto e ascolta!” – La Peer Education e il nuovo ruolo dell’insegnante.

by Stefano Ciapini on 11 Maggio 2022

Nel preferire l’attività di peer alla lezione frontale il compito del docente rimane fondamentale sotto più punti di vista. E non si tratta solo di un ruolo di controllo dell’ordine della classe e di punizione in caso di comportamenti scorretti, c’è molto di più.

Il docente non più centrale, ma comunque fondamentale.

Non lo si vuole negare: nella meccaniche di peer education l’insegnante non sale in cattedra, non è più il sole attorno a cui gravitano i ragazzi, ma questo non deve ormai sorprendere. Come si diceva, tuttavia, il docente rimane una guida per i ragazzi e le ragazze, pur secondo modalità e schemi diversi.
Va sottolineato che gli alunni che si accingono a svolgere un’attività di peer education avranno sempre come punto di riferimento l’adulto, tali attività non sono infatti un “liberi tutti!”, non equivalgono assolutamente ad una ricreazione.
È in questa fase iniziale che il docente dovrà guidare i componenti della classe a capire la differenza tra ciò che si sta per svolgere e una qualsiasi altra attività ricreativa: la peer education trasferisce responsabilità e capacità d’azione nelle mani degli alunni, e questa trasmissione dev’essere ben compresa: sarà compito dell’insegnante far passare questi concetti e avere un occhio vigile affinché questo spirito permanga durante tutta l’attività.

Insegnante e alunno sullo stesso livello.

È vero che l’aspetto cattedratico viene a perdersi quando si sceglie di intraprendere un percorso all’insegna della peer education. Il concetto base è infatti che una nozione, un’informazione o una skill trasmessa sono recepite in maniera più efficace se a “lanciarle” non è l’adulto, il docente, bensì il compagno di classe.
È proprio questo ambiente protetto che viene a crearsi che permette agli alunni di esprimersi con una libertà non indifferente, una libertà che è anticamera dello sviluppo di responsabilità e riflessione in merito alle conseguenze delle proprie azioni. Ragazzi più ricettivi si trasformano alunni con un bagaglio di conoscenze e esperienze messe a frutto con maggior soddisfazione e con un risultato finale potenzialmente più elevato.
Affinché la presenza dell’insegnante non risulti ingombrante in questo piccolo ambiente protetto che viene a crearsi in classe, questi dovrà compiere l’importante sforzo di mettersi al pari dei ragazzi durante le attività, pur non abbandonando quell'”occhio vigile” di cui sopra.
Lo sforzo non è indifferente, anzi: implica dismettere dei panni ipoteticamente indossati fino a quel momento, ma il risultato sarà davvero soddisfacente anche per l’insegnante stesso. Per arrivare a questo è necessario però un percorso di formazione specifico!

Il ruolo dell’insegnante nel creare le giuste condizioni per l’attività.

Il docente deve avere più livelli di sensibilità e, come già introdotto all’inizio dell’articolo, è su di esso che ricade la responsabilità del buon avvio delle attività.
In questo frangente la conoscenza degli alunni è fondamentale, perché la peer education, di primo acchito, può risultare un approccio non troppo confortevole per tutti. È da mettere in conto che molte persone coinvolte (in realtà lo stesso insegnante, pertanto figuriamoci i ragazzi!) abbiano da uscire dalla propria comfort zone, ed ecco che il ruolo dell’adulto torna nevralgico: niente deve risultare come qualcosa di imposto e calato dall’alto, la bontà di questo genere di pratiche risiede anche nella capacità dell’educatore di far “uscire fuori” spontaneamente i ragazzi. Per creare queste condizioni è necessario sapere su quali leve fare forza, sapendo chi a livello individuale è per propria indole più ricettivo e reattivo, e chi invece ha bisogno di una spinta più dolce.
La creazione di questo ambiente è di grande importanza anche e soprattutto per queste persone più timide e in difficoltà nell’esporsi di fronte agli altri, ed è in questa fase che si scrive il destino dell’attività di peer education. Avrà successo fra i ragazzi? Funzionerà? Dipende molto da questa preparazione: è anche l’insegnante ad avere in mano il buon esito dell’esperienza!

In conclusione: l’insegnante non può mancare!

La figura dell’adulto rimane molto importante nelle attività di peer education, sempre considerando che, come ci sono delle cose in capo al docente, ci sono altre abilità che possiedono solo i ragazzi e di cui i “grandi” non possono proprio disporre. Però attenzione: il ruolo dell’insegnante non deve essere invasivo… ma non deve nemmeno sparire!

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Gamification: imparare (video)giocando!

by Stefano Ciapini on 13 Aprile 2022

Punti, competizione, livelli, ricompense, premi: elementi che richiamano alla mente i giochi e i videogame, ma che possono trovare applicazione in svariati ambiti della vita, non ultimo l’ambito formativo e della scuola.
Parliamo della gamification, ovvero dell’uso di elementi di game design in contesti di per sé estranei al gioco.
Lo scopo della gamification è quello di indurre il soggetto coinvolto a comportamenti attivi, stimolandone la partecipazione e anche il divertimento al fine di attuare azioni virtuose.
Il veicolo è un sistema di riferimento cognitivo familiare e sin da subito ben masticabile, soprattutto – nel caso dei videogame – se ci riferiamo a una fascia d’età giovanile. 

Attraverso lo stimolo della partecipazione per mezzo di meccanismi premiali e/interattivi, la gamification permette di ripensare tutta una serie di attività che, altrimenti, sarebbero considerate meno coinvolgenti o addirittura noiose.

È in questo senso che il game design si presta all’apprendimento, che in certi aspetti diviene più coinvolgente e stimolante: cresce il senso di appagamento e si potenziano il ragionamento e le capacità di problem solving.

Prevedere e valutare le conseguenze delle proprie azioni è un punto fondamentale nelle attività di gamification portate avanti nelle scuole da parte di ReteSviluppo..
La simulazione di gioco permette, infatti, di prevedere azioni e risposte nell’ambito di una dinamica sociale nella quale gli studenti sono solitamente calati.
Tanto per fare un singolo esempio, ReteSviluppo porta negli istituti secondari di primo grado un’attività ispirata ad Among Us, un gioco online particolarmente in voga tra i preadolescenti.
La meccanica di gioco prevede l’individuazione di un impostore che si nasconde tra i personaggi, in una sorta di lupus in tabula digitale.
Questo stesso meccanismo viene portato tra i banchi di scuola, dove la missione è individuare l’impostore in mezzo a una serie personaggi che attuano comportamenti più o meno scorretti o controproducenti, stimolando una riflessione in merito alle conseguenze che hanno le azioni che scegliamo di mettere in atto nella vita quotidiana.
Così facendo il videogioco è a servizio dell’apprendimento, poiché stimola attraverso l’interattività e un linguaggio ben noto una serie di riflessioni utili alla formazione personale. 

Un fenomeno in costante crescita nel mondo, con radici profonde.


Quando parliamo di gamification possiamo fare riferimento a un mercato specifico, che si individua in quello dei cosiddetti “giochi seri”, ovvero giochi volti interamente all’apprendimento, alla riflessione sociale e così via. Negli ultimi anni il mercato di questi giochi è cresciuto vertiginosamente. Nei soli Stati Uniti il valore di mercato dei giochi seri sarà triplicato nel 2023 rispetto al 2017, raggiungendo quasi 10 miliardi di dollari.
Il concetto di gamification e di gioco serio però non sono una novità odierna.
Riflessioni in merito a questo risalgono ad epoche ben precedenti la nostra. 

“Il gioco è una cosa seria, tremendamente seria”
– Jean Paul (1763 – 1825)

L’idea di dare connotazione seria al gioco, o comunque di usare meccaniche di gioco “prestandole” ad altri ambiti, risale addirittura a Platone, che considerava il gioco un elemento utile per portare i più piccoli a replicare determinati comportamenti una volta divenuti adulti.

Rousseau, in tempi più recenti, sosteneva che per un bambino il lavoro e il gioco fossero concetti non distinguibili.
Freud individuava nel comportamento attuato durante il gioco un elemento da analizzare per comprendere al meglio l’interiorità di una persona.
Queste riflessioni hanno portato ad alcuni grandi esperimenti di gioco serio, come accaduto nel 1903 con il “Landlord’s game”, un antenato del Monopoli che aveva come scopo il far riflettere sui tanti risvolti negativi del capitalismo.
Oggi il gioco serio si concretizza anche in ambito digitale mutuando, come abbiamo visto, meccaniche, narrazioni e ambientazioni dai videogame. 

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Stefano CiapiniGamification: imparare (video)giocando!

ReteSviluppo nelle scuole all’insegna della Digital Transformation

by Stefano Ciapini on 7 Aprile 2022

Il mondo e la società oggi cambiano i propri sistemi di riferimento ad una velocità molto elevata.
I rapporti tra esseri umani si conformano secondo modalità in continua evoluzione e così i giovani e i giovanissimi configurano dinamiche interpersonali talvolta anche del tutto estranee a ciò a cui le generazioni precedenti erano abituate.
Questo ha importanti risvolti nell’ambito educativo e formativo, dove si palesa la necessità di instaurare una connessione con ragazzi e ragazze secondo dinamiche nuove o comunque di recente ideazione.

Il mondo post pandemia: un’accelerata alla trasformazione digitale.

Non è un caso che queste considerazioni vengano fatte a seguito della pandemia globale che ci ha tenuti di fronte a uno schermo per più di due anni: il sistema educativo si è trovato di punto in bianco in balia di strumenti di comunicazione rispetto a cui, spesso, mancava anche l’alfabetizzazione.
È in quel periodo che come ReteSviluppo ci siamo mossi per offrire un supporto a docenti, genitori e studenti, ed è da lì che poi si è approfondita la necessità da parte degli istituti scolastici di scoprire metodi innovativi di formazione ed educazione, per esempio nell’ambito dei social, o attraverso tecniche di gamification, o ancora per mezzo di attività di peer education.

Imparare e riflettere attraverso l’interattività e il linguaggio innovativo.

C’è un fattore comune tra tutte le attività messe in campo sia presso la scuola media che le superiori, ovvero l’interattività: il coinvolgimento in prima persona di studenti e studentesse permette di imbastire un percorso che pone i ragazzi al centro, sentendosi così parte attiva di un processo di formazione coinvolgente e stimolante.
Lo si fa, come dicevamo, sfruttando linguaggi propri di preadolescenti e adolescenti.
Si prenda il caso della gamification, ovvero l’uso di tecniche mutuate dai giochi e dai videogame, e che approfondiremo in un prossimo articolo: in questo caso è evidente l’approccio che punta a parlare la lingua dello studente.
Oppure si pensi, riferendoci in particolare ai percorsi attuati nelle secondarie di secondo grado, alla peer education: anche in questo caso lo studente diviene parte attiva del percorso, stavolta con un metodo responsabilizzante e volto alla cooperazione.

Un percorso in continua evoluzione.

Concludendo, l’attività di ReteSviluppo nelle scuole, di cui oggi abbiamo dato un’infarinatura con la chiave di lettura della Digital Transformation, continua e si evolve all’insegna della partecipazione e dell’innovazione. Presto approfondiremo nel dettaglio le tante attività messe in campo!

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Stefano CiapiniReteSviluppo nelle scuole all’insegna della Digital Transformation

“Ti presento Prato”: illustrati i risultati dello studio.

by Stefano Ciapini on 30 Marzo 2022

Ieri, martedì 29 marzo, presso il Salone Consiliare del Comune di Prato, sono stati illustrati i risultati dello studio Ti presento Prato alla presenza, tra gli altri, del Sindaco della città Matteo Biffoni.

Salone Consiliare di Prato, 29 marzo 2022

Il progetto: paure e sogni dei Pratesi post-pandemia.

”Ti presento Prato” è una ricerca condotta da ReteSviluppo e Forum delle Associazioni Familiari di Prato, il cui obiettivo è stato quello di rendere uno spaccato dei desideri, delle paure e delle speranze di genitori, preadolescenti e adolescenti pratesi.
La ricerca si è svolta principalmente nell’ambiente scolastico coinvolgendo, oltre ai soggetti già citati, anche il personale ATA e il corpo docenti.

Si è cercato di raccontare la Prato del presente, in una fase di riassetto della città post-pandemia, non solo per leggere le dinamiche attuali ma anche per capire le aspirazioni della Prato del futuro.
La ricerca punta in questa direzione, volendo mettere in luce perlopiù le tendenze e lo stato d’animo di giovani e giovanissimi rispetto alla propria comunità.
La raccolta dei dati si è tenuta durante gli ultimi mesi del 2021, e la loro elaborazione e sistematizzazione ha visto impegnate le realtà coinvolte fino ai primi mesi di quest’anno.

Un primo sguardo ai risultati dello studio.

Nello specifico, sono stati ben 785 i questionari raccolti nelle scuole, sottoposti a studenti di età compresa tra i 13 e i 16 anni, provenienti sia dalla scuola media che dalle superiori.
A questi, poi, vanno aggiunti i sondaggi sottoposti agli adulti.

Dallo studio, senza entrare in specifiche troppo dettagliate, emerge che i giovani nel periodo post-pandemico non abbiano smarrito il senso di fiducia e curiosità nei confronti del futuro.
Tuttavia, al tempo stesso, secondo le rilevazioni in buona parte i giovani intervistati non hanno un’idea chiara di come concretizzare il proprio avvenire, di quale strada scegliere.
Queste incerte aspirazioni in merito al futuro si accompagnano e si traducono nel desiderio espresso di costruire un domani all’insegna della stabilità lavorativa e del guadagno, come si evince dai dati raccolti.
Fiducia e curiosità riposte nel futuro dunque, con l’obiettivo del raggiungimento di una stabilità e sicurezza di vita, ma con una strada incerta da percorrere.

Ottimismo, fiducia, incertezza.

Nel complesso, permane un maggior senso di ottimismo, curiosità e fiducia nel futuro da parte dei soggetti giovani rispetto a quanto riposto da docenti, genitori e personale scolastico, posti di fronte alle stesse domande.
Si tratta di una tendenza molto significativa.
La pandemia, dunque, ha sì messo alla prova ragazze e ragazzi, ma non è riuscita a spegnere del tutto la fiducia riposta dalle giovani generazioni nei confronti della Prato del domani.

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Didattica a distanza: un esperimento

by Comunicazione Kinoa Innovation Studio on 11 Marzo 2020

Si fa un gran parlare, di questi tempi, di smart working e didattica a distanza. Mentre il primo lo conosco già bene, visto che siamo abituati a lavorare anche in posti (e orari) diversi, la didattica a distanza non l’avevo mai sperimentata in maniera diretta. Non ero particolarmente preoccupata: sono abituata a fare riunioni in videoconferenza, seguire dirette streaming, ho fatto anche diversi colloqui di lavoro via Skype. Devo ammettere, però, che questa esperienza si è rivelata una grande sorpresa.

Ho utilizzato la piattaforma Google Meet, che è quella che usiamo sempre e che, tra l’altro, Google ha deciso di offrire gratuitamente a tutti i clienti Gsuite fino a luglio 2020 per stimolare la didattica a distanza in questo momento di emergenza.

Innanzitutto, già da mezz’ora prima dell’ora fissata per il collegamento, i ragazzi hanno iniziato a chiedermi il link per connettersi. Non attribuisco questo allo strumento usato, quanto piuttosto alla noia che i ragazzini italiani si trovano a sperimentare in questi giorni. La domanda che mi facevano prima del collegamento era “ma come faremo a vederci tutti insieme?”. Ho quindi scoperto, e ammetto che non lo sapevo, che WhatsApp consente videochiamate con, al massimo, quattro partecipanti. Non vi preoccupate, ho detto io. Infatti Google Meet consente di gestire fino a 250 partecipanti.

Io ne avevo “solo” dodici, e ho scoperto la prima cosa: gli adulti in videoconferenza sono spesso impacciati e non sanno bene quando parlare, i ragazzini sono naturalissimi e si comportano esattamente come dal vivo, dicendo tutto quello che gli viene in mente, contemporaneamente. Ho dovuto quindi farli parlare, uno alla volta. Ognuno ha raccontato come vive questi giorni. Ci sono dei compiti da fare, ma non tanti. Per lo più stanno dai nonni. Ci sono dei videogiochi a cui giocare, soprattutto Browl Stars. Ora gli amici non possono più venire a casa nostra, dice qualcuno molto dispiaciuto.

Nel frattempo, qualcuno aveva problemi tecnici. Non riusciva a attivare il microfono, la fotocamera etc. Io ho iniziato a spiegare quando ho visto che c’era un ragazzino che lo sapeva spiegare molto meglio di me. Ho nominato lui responsabile tecnico. Ogni volta che qualcuno aveva una difficoltà, subentrava lui per spiegare come risolverla. La seconda cosa che ho imparato è quindi che la peer education e la tecnologia vanno davvero bene a braccetto insieme.

Ho dovuto poi chiedere a tutti di silenziare i propri microfoni, perché altrimenti si crea una eco che rende impossibile seguire la conversazione. Inizialmente ho pensato “che cosa fantastica, magari anche dal vivo potessi silenziarli e attivarli a comando” ma ben presto mi sono accorta che la mia modalità di fare lezione, tutta basata sulla costante interazione, non si concilia bene con un microfono silenziato. Tendo a impostare le frasi in modo che siano i ragazzi a completarle, tendo a fare continuamente domande per tenerli attenti, vigili, per sapere che stanno seguendo e capendo.

Non funzionava. Stavo pensando di passare a una modalità più frontale quando, ancora una volta, mi sono venuti in soccorso loro: da soli, hanno iniziato a rispondere alle mie domande in chat. Non solo, hanno iniziato a commentare quello che dicevo e a fare domande. La lezione allora ha preso il via, facilissima e interattiva. In ogni momento sapevo che mi stavano seguendo e cosa pensavano.

Ho utilizzato alcuni oggetti, che avevo preparato prima, e che mostravo in webcam per facilitare il discorso. Questo ha riscosso molto successo. Quando ho chiuso la videoconferenza ero davvero stanca, più stanca che quando faccio lezione dal vivo, ma soddisfatta.
Alla fine mi hanno chiesto “quando lo rifacciamo?”. Lo rifaremo, e adesso so meglio come impostare tutto. Ho quindi deciso di scrivere questo breve contributo per tutti coloro che in questi giorni vorrebbero sperimentare questa modalità.

Riepilogando, alcuni consigli appresi “sul campo” per fare lezione a distanza con gli adolescenti:

  1. Impostate uno schema di lezione più preciso e puntuale di quando fate lezione dal vivo. Meno concetti, frasi più brevi.
  2. Utilizzate oggetti o vignette di supporto visivo per quello che volete dire. Vi seguiranno meglio.
  3. Iniziate coinvolgendo ognuno di loro. Lasciate che parlino, che inquadrino la loro camera, che raccontino qualcosa. Poi chiedete di silenziare tutti i microfoni.
  4. Invitateli a utilizzare la chat per commentare quello che dite. Senza rumore di sottofondo, saprete in tempo reale se vi stanno seguendo e cosa pensano.
  5. Fatevi aiutare da loro per qualsiasi difficoltà tecnica. Rendeteli co-responsabili della lezione e dello strumento.
  6. Alla fine, fate aprire tutti i microfoni e fate parlare tutti contemporaneamente. Godetevi per qualche istante il caos e la confusione. Non ne avevate un po’ nostalgia?
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