C’è bisogno di nuove banche?

Una banca popolare che nasce per le esigenze del territorio.

E’ questa l’idea – non di certo nuova, ma sicuramente coraggiosa – che è venuta ad un gruppo di imprenditori della provincia di Prato, il territorio a maggiore densità manifatturiera della Toscana. Il progetto, nell’idea dei promotori, dovrebbe vedere la luce entro due anni, dovendo passare attraverso l’analisi del piano industriale da parte della Consob e, successivamente, attraverso la raccolta del capitale sociale (che le stime prevedono intorno ai 7/8 milioni) e, quindi, la ricerca di investitori che diano fiducia al progetto: gli imprenditori ma anche le piccole famiglie risparmiatrici del territorio.

Non è un caso che tale iniziativa nasca a Prato, storico distretto tessile caratterizzato da un fittissimo tessuto di micro e piccole imprese. Un’indagine CNA Toscana rivela che nel terzo trimestre 2011 le imprese hanno subito un razionamento del credito bancario del 35%, su base annuale, nonché un netto peggioramento delle condizioni richieste dalle banche per la concessione di prestiti (aumento dei costi e delle garanzie richieste). Negli anni della crisi, pur non risparmiando nessuno, il credit crunch ha toccato soprattutto le PMI italiane.

A livello locale, il rapporto tra sistema bancario e quello di famiglie e imprese si è notevolmente modificato a seguito del processo di aggregazione che ha coinvolto le banche italiane a partire dai primi anni ‘90, messesi in tal modo al riparo (non sempre con successo) da processi di acquisizione di grandi gruppi stranieri. Se tali azioni sono riuscite in qualche modo a salvare l’italianità di alcuni istituti, al contempo si è andata invece perdendo la diffusa territorialità delle banche italiane, progressivamente accentratesi in pochi centri decisionali spesso lontani anche fisicamente dal raggio di azione degli sportelli. Senza troppo tirare in ballo gli effetti (pur decisivi) di Basilea, è così avvenuto che la decisione ultima sulla concessione di un prestito ad un artigiano, un commerciante, un piccolo imprenditore di Palermo Napoli Prato etc. non venisse più presa su quegli stessi territori (sulla base di rapporti fiduciari pluriennali, informazioni sulla solidità del cliente di tipo informale) ma da centri “alieni”, sulla base esclusiva di parametri finanziari, sui cui standard restano comunque molte perplessità.

Chi sta lavorando per una banca popolare a Prato, o altrove, è evidentemente a conoscenza di tutti questi aspetti. L’auspicio è che si sappia dare risposta a tutte le criticità presenti nel rapporto tra banche e clienti. Nel frattempo noi restiamo alla finestra con curiosità, sperando che la banca non ci chieda “un miliardo per avere cento milioni”, Benigni docet.

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