Nel corso di questi ultimi mesi, che precedono le elezioni amministrative, abbiamo sentito parlare troppo di antipolitica, in molti si sono interrogati circa la soluzione per risvegliare il desiderio dei cittadini di partecipare alla vita pubblica e, forse, dopo la prossima prova elettorale di maggio e giugno, continueremo a sentirne parlare sempre di più, considerate le previsioni circa la probabile astensione e la presenza di numerose liste civiche, in alcuni casi di protesta.
La democrazia rappresentativa è in crisi, ma questo lo sapevamo da tempo, e non è il caso dilungarsi in questa sede per analizzarne i motivi. Sicuramente gli innumerevoli scandali che hanno toccato quasi tutti i partiti non aiutano i cittadini a sentirsi ben rappresentati, insomma a sentirsi in buone mani.
La domanda che sarebbe corretto porsi è come restituire credibilità alle istituzioni e rendere i cittadini partecipi attivamente alla vita pubblica e civica del nostro Paese. La domanda è complessa ma ci stimola a ipotizzare alcuni scenari post elezioni amministrative e pre elezioni politiche del prossimo anno e, perché no, a proporre alcune idee. Senza dubbio abbiamo bisogno di diminuire lo spread tra cittadini e politica, ma per fare questo dobbiamo individuare delle tecniche e delle metodologie atte a coprire quelle lacune che i partiti non riescono a più a colmare, magari conferendo, istituzionalizzandoli, maggiore autorevolezza a questi strumenti.
Un tempo i partiti si erano resi protagonisti di ogni processo decisionale, rappresentando i tanti e diversificati interessi, filtrando le domande di ciascuno e riconducendole a disegno comune, rappresentato nelle sedi istituzionali con personale preparato.
Oggi questo non accade più, il cittadino si sta distaccando sempre più dalla vita politica e civica della propria comunità e in modo più ampio dalla nostra Nazione, rendendo spesso fertile il terreno per l’arrivismo e l’ingordigia degli attuali rappresentanti politici. La percezione è che alcuni di loro si sentano in potere di fare quello che vogliono. Compito ambizioso è quello di individuare una traiettoria diversa, cercando di avvicinare il più possibile le persone all’impegno e alla vita civica della propria comunità, informando e facendo esprimere le proprie opinioni, anche per evitare le debolezze dell’uomo al comando, ma soprattutto per riacquisire il senso di responsabilità nei confronti della nostra terra e della nostra società.
La situazione della TAV in Val di Susa ha riaperto il dibattito sulla democrazia deliberativa versus democrazia rappresentativa (anche se non sono antagoniste) e il Governo Monti sembra intenzionato ad adottare il modello francese del débat public per promuovere il confronto pubblico con gli attori locali sulle grandi opere e per evitare i conflitti che bloccano un intero paese. Il caso della TAV è stato comunque preceduto da un percorso di ascolto attraverso il sondaggio deliberativo ma il tentativo di affrontare il conflitto con il dialogo non è riuscito, perché ha avuto corso quando la decisione era già stata assunta, quindi inficiandone il risultato.
Però il sondaggio deliberativo, così come altre tecniche deliberative (ad esempio, Consensus conference, Open Space Technology, World cafè etc…) hanno avuto buon esito in moltissimi altri casi e su molte tematiche, anche in Italia, e soprattutto hanno avuto il merito di avvicinare realmente il cittadino alla politica e alle decisioni che lo riguardano direttamente, in alcuni casi contribuendo a trovare soluzioni più concrete a posizioni prestabilite dai cd. “governanti”.
L’auspicio è che in questo momento di “intervallo tecnico” della politica, di ricostruzione e risorgimento di una nuova classe dirigente si possa trovare spazio per il dialogo, continuo e ben regolato, tra istituzioni e cittadini. Solo in questo modo possiamo sperare di debellare l’antipolitica e il populismo. I cittadini devo tornare ad impegnarsi e devo trovare soprattutto degli spazi dove poter esprimere le proprie opinioni sulle questioni che lo riguardano, senza però osteggiare a spada tratta qualunque azione, opera o politica che riguardi direttamente il suo interesse egoistico. La ricetta della partecipazione politica funziona se i cittadini hanno la possibilità di comportarsi come tali ma devono a loro volta farsi portatori dell’interesse generale della comunità e non il mero interesse privato.
Se riusciamo a costruire questo percorso potremmo ambire ad istituzioni realmente rappresentative e cittadini più consapevoli del loro territorio e della politica stessa.
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